Prima i fatti, anzi, le scoperte. Guardate queste quattro mappe antiche. Provengono da varie fonti e si riferiscono a varie epoche. Sono state disegnate in varie epoche. La seconda in alto a destra è la cartografia più essenziale che ci sia sulla situazione storica e politica dell’Italia cento anni dopo Cristo. La Lucania, regione importante a quei tempi ben più di oggi (Sanniti e Lucani erano stati, combattendo insieme, i più grandi nemici di Roma, arrivando quasi al punto di assediarla e di distruggerla nei primi giorni di novembre dell’anno 82 a.C., quando un esercito proveniente da sud e comandato dai capi militari sanniti e lucani, questi ultimi guidati da Marco Lamponio, era quasi sul punto di compiere una impresa militare memorabile, che avrebbe cambiato la storia della penisola italiana e del mondo allora conosciuto; la conquista o, forse, la distruzione di Roma) annovera su questa mappa solo due centri; Potentia (Potenza) e Venusia (Venosa). Quest’ultima appare al di fuori dei confini della Lucania antica e lo vediamo se facciamo attenzione a quella linea tratteggiata, che parte dal’antica Poseidonia e finisce a Metaponto, inglobando l’ex colonia magno-greca nei confini della regione lucana. D’altronde, questa è stata per tantissimo tempo la condizione di Venosa, il cui figlio più grande, il sommo poeta latino Orazio, si sentiva sempre ‘anceps’, cioè in dubbio circa la propria appartenenza lucana o pugliese (Lucanus an Apulus anceps, Satire). La seconda mappa (quella in basso a sinistra) è una mappa digitale, modernissima, frutto del lavoro di un grande progetto a livello internazionale, il progetto Pelagio Commons (www.pelagios.org). I team internazionali di Pelagios lavorano per costruire mappe digitali che tengano conto di tutti gli elementi storici e cartografici finora emersi. Lo scopo dichiarato, infatti, è quello di spargere nuova luce sulle geografie storiche di certi periodi, producendole ed interpretandole. Con la sua comunità internazionale di esperti, il progetto Pelagios facilita le nuove conoscenze aggiornate con la produzione di mappe digitali. La mappa a cui mi riferisco (ripeto; la seconda in basso a sinistra) è la ricostruzione digitale dei primi tempi dell’Impero Romano. Il coordinatore del team sulla antica Roma è il professor Johan Ahlfeldt. Anche questa mappa certifica il ruolo di assoluta preminenza, già a quei tempi, di Potentia-Potenza, insieme a Venosa (Venusia) ed a Grumentum. Gli altri centri importanti della regione erano Velia, la sede di una delle più grandi scuole filosofiche della antichità, quella di Parmenide e di Zenone (Velia era il nuovo nome di Elea), e Poseidonia, il vecchio nome greco di Paestum. Prima di Paestum e dopo di Poseidonia, anche i Lucani avevano ridenominato, ‘lucanizzandola’, la città chiamandola Paistom. A parte Venusia, Potentia e Grumentum, gli altri cinque centri rilevati dalla mappa di Pelagios (la quale, lo ribadisco, si avvale per una ricostruzione globale di tutte le fonti dell’antichità, a cominciare dalla Tavola Peutingeriana) e cioè Velia, Paestum (Elea, Poseidonia), Heraclea, Siris e Metaponto erano tutte di derivazione magno-greca ed ancora appartenenti, in un certo senso, ad un altro emisfero culturale, anche se politicamente erano state assimilate a Venusia, Potentia e Grumentum, alla Lucania. A dirla tutta, la stessa Venusia differiva come origine dalle altre due. Venusia nacque in toto come colonia di Roma; è figlia originariamente di Roma. Potentia (Potenza) e Grumentum, invece no. Il loro universo primigenio era Lucano. Roma attua una rifondazione di Potenza, ma non la origina ed oggi ne abbiamo le prove archeologiche, come, ad esempio, i resti della Fattoria Lucana del IV° a.C. (antecedente quindi alla conquista Romana) rinvenuti in Via del Gallitello in occasione dei lavori di sbancamento per la realizzazione del cosiddetto Nodo Complesso. Grumentum avrà una sorte diversa anche da Potenza. A partire dall’Alto Medioevo, la vecchia città lucana e romana scomparirà e ciò che riprenderà tempo dopo a vivere sarà conosciuto alla Storia sotto il nome di Saponara interrompendone in qualche modo la continuità storica. Da rilevare che Venusia, Potentia e Grumentum erano anche le tre tappe della antica via Erculea, ma si deve ragionevolmente pensare che non fu la via a determinare l’importanza storica delle tre città interne, ma che queste tre città erano già all’inizio del periodo imperiale le tre più importanti della regione. La costruzione della via Erculea ratificava semplicemente questo status già acquisito. Se occorresse ancora una prova cartografica della importanza storica di Potenza in tutti i tempi, allora ci giunge utile anche la mappa disegnata nella seconda metà del 1500 da Abraham Ortelius (anche Ortels, Oertel, Orthellius, latinizzato come: Abrahamus Ortelius e italianizzato in Abramo Ortelio, nato nei Paesi bassi, ad Anversa il 14 aprile 1528 e morto, sempre ad Anversa, il 28 giugno 1598), che è stato il più grande cartografo fiammingo. La proiezione cilindrica del mondo introdotta da Gerard Mercator è ancora quella attualmente in uso. La traduzione realizzata da Rumold, e poi quella di Ortelius, costituiranno la base per tutte le carte del mondo dei secoli seguenti. Nella mappa di Ortelius, possiamo vedere agevolmente, anche senza ingrandimento, che Potenza è l’unico centro della regione presente. Siamo, lo ricordo, intorno al 1578, quando Potenza non era stata ancora designata come capoluogo della Provincia e della regione (lo sarà solo nel 1651, ma in modo provvisorio e definitivamente nel 1806 grazie a Napoleone). Non parlo di altre cartografie perché, sostanzialmente, non fanno altro che riportare gli stessi dati basilari. Fin qui i fatti, che sanciscono, anche con i parametri della cartografia, la centralità assoluta, e non certo per brevi periodi, di Potenza all’interno di questa regione Lucania-Basilicata. Cosa possiamo dire ancora, in conclusione? Possiamo solo dire, e si tratta di un riferimento certamente molto polemico, ma sacrosanto, che questa rivista continua ad abbattere i modi di pensare e le tante false rappresentazioni su cui si regge la pseudo-cultura dominante, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, in questa regione, quella ideologia che abbiamo chiamato, sembra con un certo successo crescente, ‘basilisca’ ed i cui protagonisti (protagonisti?) da anni ed anni non cercano di fare altro se non di convincere il, molto naif, pubblico regionale del fatto che Potenza non abbia storia. E’ molto strano che il comune della Basilicata (o Lucania) dipinto come quello assolutamente privo di importanza storica, al contrario di grandi storie comunali reali ma, più spesso, molto immaginarie di questa regione, sia poi l’unico, o quasi, ad essere sempre rilevato dalle mappe di tutti i tempi e dei più grandi cartografi europei. Strano, veramente strano. I basilischi hanno qualche spiegazione in merito? Temo per loro che non ne avranno nemmeno mezza. Qui si tratta di storia certificata. Di storia vera. Di storia con la S maiuscola. Le mappe hanno sempre certificato il ‘peso’ storico delle città. Nel caso dei basilischi, invece, si tratta di storia, molto spesso, inventata, storia da struscio di paese, da chiacchiericcio accidioso per passare il tempo in attesa del pranzo, proprio come si può vedere nel film ‘I basilischi’ dei primi anni ’60, il film che ha reso famosa nel mondo la categoria dei ‘basilischi’ (il sottoscritto avrà visto e rivisto quel capolavoro della Wertmuller almeno una ventina di volte).
PINO A. QUARTANA