QUEL POTENTINO SCHIVO CHE NON VOLLE DIVENTARE UNA STELLA DEL JAZZ

L’estrema riservatezza dei potentini spesso rischia di giocare brutti scherzi sia a loro che alla loro città. E per colpa di questa riservatezza, a volte maniacale, che Potenza a primo acchito non appare per quello che è realmente; una città più importante ed illustre di quel che già si conosce, una fucina di talenti (artistici, culturali, sportivi, politici, giornalistici, imprenditoriali ecc.), che si fanno spazio in ambito nazionale, ma di cui si conosce poco, una città che, quindi, non finisce mai di riservare sorprese (di solito, belle). E quella che stiamo per raccontarvi è la storia di tanti potentini, ma anche la storia di una città che ha dato all’Italia molto di più di quel che sembra e di quel che si conosce. Anche la vicenda di Vittorio Camardese rientra perfettamente nel cliché di questa ‘strana’ città (strana in molti sensi). Strana, ma molto più interessante ed affascinante di quel che i più ritengono che sia. Vittorio Camardese nacque a Potenza il 6 luglio 1929 e morì, sempre a Potenza, il 2 luglio 2010, a 81 anni. Visse per quasi tutta la sua vita però a Roma, dove esercitava la professione di radiologo in due grandi ospedali della Capitale (anche se, appena poteva, faceva delle rimpatriate a Potenza, chiamato dai numerosi amici che lo stimavano e che gli volevano bene). Ma, nonostante egli non avesse mai pensato nemmeno di lasciare la sua professione di medico radiologo, la fama di Camardese è legata a ben altro. Esattamente, alla sua attività di chitarrista, chitarrista autodidatta. Si formò musicalmente da autodidatta e in ambito non professionale. Fece la sua prima apparizione in tv a Primo applauso (Rai) nel 1956 dove vinse il primo premio. Nel 1965 partecipò al programma televisivo Chitarra, amore mio (condotto da Arnoldo Foà) e nel 1973 a Speciale per voi (condotto da Renzo Arbore). Frequentò i due principali locali romani di orientamento jazz: il Music inn e il Folkstudio. In quegli anni frequentò molta gente famosa e suonò con molti personaggi del mondo del jazz: Chet Baker, Tony Scott, Joe Venuti, Lelio Luttazzi, Romano Mussolini, Piero Angela, Renzo Arbore Irio De Paula, Stephane Grappelli e tanti altri(Ursula Andress tra i non musicisti). Il motivo per cui il suo nome sta diventando famoso dappertutto dopo la sua morte è che negli anni ’60 (del secolo scorso) sviluppò una nuova tecnica chitarristica, il tapping, ma, a causa di un carattere molto schivo, non divenne mai famoso, quanto meno in vita, quanto meno fino a cinque o sei anni fa. A partire dal 2013, però, le cose hanno preso tutt’altra piega e la fama di Vittorio Camardese, il talentuoso e superschivo potentino, si sta espandendo nel mondo. Cosa è accaduto perché questa fama postuma facesse il giro del mondo? Torniamo indietro. Vittorio ebbe una compagna con la quale visse per 18 anni. Questa signora aveva già un figlio da una precedente unione, un bambino che all’epoca aveva solo tre anni: Roberto Angelini. Quest’ultimo ha vissuto con Vittorio Camardese fin da piccolino, pur non essendo suo figlio naturale. Pochi anni fa, Roberto Angelini, romano, chitarrista anch’egli, trovò un video di Vittorio del 1965 che lo ritraeva in tv durante un programma della Rai chiamato “Chitarra, amore mio” e nel quale mostrava la sua incredibile e personalissima tecnica chitarristica. Angelini lo ha caricato su YouTube e, nel giro di pochi giorni, il video fu visto e condiviso da migliaia e migliaia di musicisti e semplici appassionati, compresi due mostri sacri della musica e della chitarra, due stelle del firmamento rock mondiale come Joe Satriani e Brian May (il fondatore, assieme a Freddy Mercury, dei Queen), folgorati dalla tecnica innovativa di Vittorio. Il 5 luglio 2013 Brian May scrive un messaggio su Twitter in cui dice che Joe Satriani gli ha mandato un link al video di Camardese e lo definisce “incredibile playing” (“incredibile modo di suonare”). Il sito americano specializzato in chitarre, Forgotten Guitar scrive: It’s hard to dispute that Eddie Van Halen popularised the two-handed tapping technique on the electric guitar, with the track “Eruption” from Van Halen’s self-titled debut album in 1979. However, he wasn’t the first to use the method. Guitar greats such as, Emmett Chapman, Steve Hackett or Harry DeArmond are usual cited as early pioneers, but you would be to hear unlikely the name, Vittorio Camardese in that company. In the clip below filmed in 1965 for the Italian talent show Prime applause, Camardese, an Italian doctor demonstrates his unique method of playing on what he states to be a guitar loaned to him by a fellow doctor. Not a lot of information is known about Vittorio, but various sources claim that he was actually a lifelong friend of Jazz Legend Chet Baker, who in his trips to Europeans would never fail did not fail to visit for an all-night-long jam session, at his house north of Rome. However, with an apparent morbid fear of the flying, Camardese would never be able to return the favour and declined numerous invitations to go to play in the United States. That unfortunately, may be why so few of us know of his talent today”. (“E’ molto difficile stabilire se Eddie Van Halen abbia reso popolare la tecnica a due mani chiamata tapping sulla chitarra elettrica con il pezzo Eruption dall’album di debutto del 1979. Tuttavia, non è stato il primo ad usare questo metodo. Grandi chitarristi come Emmett Chapman, Steve Hackett (ex chitarrista dei Genesis n.n.) e Harry DeArmond sono citati solitamente per essere stati i primi pionieri, ma sarebbe improbabile sentire il nome Vittorio Camardese in quella compagnia. Nel video del 1965 in occasione di una puntata del Talent Show ‘Primo Applauso’ un medico italiano dimostra il suo metodo singolare di suonare la chitarra. Non ci sono molte informazioni su Vittorio, ma diverse fonti stabiliscono che fu amico da lunga data della leggenda del jazz Chet Baker, il quale nei suoi viaggi europei mai avrebbe fatto a meno di visitare Vittorio nella sua casa in zona Roma nord per tenere con lui delle jam session che si protraevano tutta la notte. Tuttavia, a causa di una apparente paura di volare non fu capace di restituire la visita e dovette declinare numerosi inviti di andare a suonare negli Stati Uniti. Questo spiega perché pochi di noi sfortunatamente conoscono oggi il suo talento”. (Traduzione di ‘Potentia Review’). Questo passaggio tratto dalla rivista americana è importantissimo. Ma c’è, però, una frase di cui va chiarito meglio il senso. Quando l’articolista di ‘Forgotten Guitar’ scrive che ‘sarebbe improbabile sentire il nome di Vittorio Camardese in quella compagnia” cosa vuol veramente far capire? Che Vittorio Camardese non era degno di far parte di quella compagnia oppure che non lo abbiamo sentito per tanto tempo solo a causa della sua estrema riservatezza? A noi pare più probabile la seconda interpretazione. Sicuramente il potentino Vittorio Camardese precede nel tempo Van Halen ed anche Steve Hackett per il tapping’. Quest’ultima è una tecnica chitarristica, che consiste nell’utilizzare la mano destra per suonare delle note direttamente sulla tastiera, generalmente usata per suonare intervalli molto larghi altrimenti molto difficili da eseguire su di una chitarra classica. Il tutto avvenne nel 1965 nel programma RAI “Chitarra amore mio” presentato dal compianto Arnoldo Foà e fu la prima volta che si vide sulla televisione italiana una tecnica del genere. L’ospite, Vittorio Camardese, all’epoca medico radiologo al San Filippo Neri di Roma, con la passione della musica ed autodidatta, presentò due brani: un mambo e lo standard jazz All of Me. Camardese dimostrò, al di là del suo studio da autodidatta, una grande padronanza dello strumento nonché una grande musicalità e ritmicità. Eddie Van Halen, invece, usò questa tecnica anni dopo e nell’ambito del rock ed affermò anche di averla inventata lui. Cosa, a dir poco, molto improbabile, a giudicare dal video datato 1965. Il video del programma ‘Chitarra amore io’, purtroppo, è raro. Camardese, gentilissimo, spiegava ad un altrettanto gentile Foà che aveva cominciato a suonare la chitarra in un negozio di barbiere a Potenza. Fu proprio il barbiere a regalargli la prima chitarra. E’ nata in questi ultimi tempi una discussione circa il fatto che sia stato proprio Vittorio Camardese l’inventore primo ed assoluto del ‘tapping’. Scrive Valerio Bassan su un sito musicale specializzato (11/04/2014): “È credenza popolare diffusa che il tapping, tecnica chitarristica che consiste nel percuotere le corde direttamente sul manico con la punta delle dita anziché pizzicarle o farle vibrare con il plettro all’altezza della cassa, sia stata inventata dal leggendario chitarrista rock Eddie Van Halen negli anni ’70. In realtà, le radici del tapping arrivano fino agli anni ’30, quando il polistrumentista Roy Smeck utilizzò la tecnica su un ukulele in una scena del film ‘Club House Party’, e si svilupparono negli anni ’40 con Harry DeArmond, il primo a riuscire a combinare i movimenti di due mani con estrema precisione. Una delle dimostrazioni più incredibili dell’utilizzo del tapping arriva, però, dall’Italia degli anni Sessanta e porta la firma di Vittorio Camardese, nato il 6 luglio 1929 a Potenza, a quel tempo radiologo presso l’Ospedale San Filippo di Roma”. A dire il vero, anche i parenti di Vittorio Camardese che hanno redatto la voce Wikipedia non hanno negato affatto, segno di grande onestà intellettuale (un’altra specificità del carattere dei potentini, esattamente come la grande riservatezza?), la primazia di Roy Smeck, ma, così si legge in quella voce, “In realtà, tale tecnica, nota oggi come tapping, era già stata impiegata precedentemente da altri strumentisti, come lo statunitense Roy Smeck negli anni trenta. Tuttavia l’utilizzo originale di Camardese si caratterizza già per alcuni elementi che un decennio più tardi ne avrebbero decretato la fortuna in ambito pop, rock e fusion. Tra questi il maggior virtuosismo, non solo in fase di velocità esecutiva, ma anche nella capacità di ricreare a livello uditivo la sensazione di un ensemble strumentale (contrabbasso, chitarra di accompagnamento, percussioni), il tutto su un impianto armonico di tipo prevalentemente jazzistico”. Un caso incredibile quello di Vittorio Camardese, tanto più per gli anni nostri, dominati da un narcisismo e da un presenzialismo spesso del tutto ingiustificati e fuori posto, in cui svettano delle mediocrità assolute. Vittorio rifiutò altri inviti in televisione e poi rifiutò anche il coinvolgimento in un progetto di Ennio Morricone. Ma, forse, non si trattò solo di riservatezza, quella antica e nobile riservatezza potentina. Vittorio aveva anche delle fobie. Per esempio, e questo particolare fa tenerezza, aveva paura di suonare la chitarra elettrica perché temeva di prendere una scossa. Altre occasioni le perse perché, come ha ricordato già il sito americano, aveva paura di volare o, meglio, di precipitare dall’aereo. Nonostante questa paura, il suo grande amico Chet Baker, una delle stelle del firmamento jazz mondiale, cercò di fargli cambiare idea e gli scrisse, come ricorda Pierluigi Argoneto il 15 luglio 2014 sul sito L’Inkiesta, “memorabili lettere in un italiano zoppicante” (“Io spero – scrisse Chet Baker a Vittorio Camardese – che tu continua suonare vostra guitare perché ha un sacco di talento, senza altro”). Nonostante gli appelli del suo grande ed illustre amico americano, Vittorio si rifiutò sempre di suonare davanti ad un pubblico e, quindi, si rifiutò di fare il grande salto nell’Olimpo degli dèi del jazz mondiale, pur avendone avuta la possibilità più volte. Si può dire che Vittorio Camardese, oggi ribattezzato Dr. Tapping, fu il Celestino V del jazz, colui che fece ‘il Gran Rifiuto’. Dove è possibile trovare oggi una storia così romantica?

 

Potentia Review

 

Nella foto;  Vittorio Camardese (a sinistra) in una jam session a Roma con Chet Baker (a sinistra)

 

 

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