UNA NUOVA IDEA PER IL CENTRO E PER LA PERIFERIA

Se chiedessimo ad un potentino di parlare delle problematiche cittadine, con ampia probabilità, annovererebbe fra queste  il progressivo abbandono del centro storico, la mancanza di politiche di riqualificazione ed il conseguente degrado a cui , da ormai più di un decennio, si assiste. Da più di un decennio, sembra dominare una convinzione politico-urbanistica che, incoraggiando uno sviluppo decentrato della città (benché disorganico e caotico, perché  non guidato da una vera razionalità progettuale), ha lasciato il centro storico della città capoluogo di regione in balia di una inerte perdita di centralità nella vita di Potenza. Gli effetti di questa gestione urbanistica sono tali da configurare un centro storico sempre più degradato, frequentato con la massima concentrazione solo nel fine settimana e con una densità di bar ed attività affini eccessiva per la potenziale utenza ma con sempre un maggior numero di attività commerciali che chiudono. In compenso, si è sviluppata negli anni una forte tendenza a decentrare la vita urbana, incrementando l’attività edilizia in zone periferiche, senza però governare tali politiche con dei principi organizzativi che potessero dare un senso allo sviluppo urbanistico. Il risultato di tutto ciò è stato un centro storico sempre più spento, che quasi rasenta la condizione di una zona residenziale, ed una periferia che vede aumentare cemento ed asfalto nel proprio seno, senza un ordine ed una organizzazione. Tutto questo scenario, per quanto possa dare adito a diverse ipotesi interpretative ed esplicative delle sue cause, sicuramente può mettere d’accordo varie teste su di un significato che questa condizione della città di Potenza ha: la mancanza di un vero senso progettuale per dare forma alla città, cercando d’individuarne le risorse e migliorarne l’efficienza. In tal senso, si potrebbero dividere i ruoli fra centro e periferia, immaginando un centro storico sempre più proteso sul “versante culturale”, sempre più denso di contenitori culturali attivi e dinamici concentrati d’ora in poi nel centro, ed una periferia sempre più organizzata sul lato dell’efficienza e dei servizi. Tutto, organizzato con coordinazione e logica di sistema. Il centro storico, in forza dei suoi angoli caratteristici, delle sue chiese, dei suoi vicoli, delle sue piazzette caratteristiche, delle sue librerie, dei suoi localini per giovani, dei suoi ex sottani uno dei quali riconvertito a teatro off, della sua Galleria Civica, della presenza dell’elegante Teatro Stabile, della presenza museale, dei nuovi contenitori culturali che si possono attivare (ex Convento di San Luca ed ormai ex Caserma dei Carabinieri che potrebbe ospitare un pezzetto di Università, magari un pezzetto della Facoltà di Lettere e Filosofia, il Palazzo D’Errico che potrebbe ospitare un costituendo nuovo Museo ed altri), delle sue porte medioevali, ed altro ancora, potrebbe diventare un grande scenario culturale in cui diventino preponderanti attività come mostre, concerti, opere teatrali, convegni culturali e scientifici. Si potrebbero sviluppare progetti come le ‘banche del tempo’ e simili per incrementare l’attività artistico-culturale, senza pesare troppo sui bilanci finanziari sia pubblici che privati. Nello stesso tempo, si potrebbero creare nuovi spazi di socializzazione per la cittadinanza. Ad esempio, si potrebbe pensare di creare a valle un vero e proprio centro direzionale, la parte “amministrativa” della città. Tutti gli uffici pubblici si dovrebbero trovare concentrati nel raggio di pochi chilometri. Fra queste due polarità si snoderebbe la vita cittadina, passando per i quartieri, deputati ad un ruolo prettamente abitativo; si potrebbe riqualificare l’area verde della città, ripensare il piano traffico e stradale; ripensare il sistema di trasporto pubblico. Insomma, individuate queste due polarità urbane, centro storico e periferia, entrambi da riqualificare, Potenza potrebbe essere ridisegnata in modo organico, senza essere oggetto d’interventi urbanistici isolati e scriteriati, che non obbediscono ad una logica di sistema. Questa ipotesi non è né più , né meno dello schema di un’idea su cui riassettare la città. Non è detto che sia la migliore o la peggiore, ma può aprire la porta ad un nuovo modo con cui la cittadinanza critica potrebbe interfacciarsi con le varie giunte comunali: la proposta di un progetto che tracci le linee su cui organizzare la città, invece di subire politiche, il più delle volte, inutili e disordinate.

GIUSEPPE ONORATI

 

Foto di Michele Luongo

 

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