POTENZA CITTA’ PIU’ BRUTTA D’ITALIA? UNA ‘BUFALA’ GIGANTESCA; ECCO PERCHE’…

 

Come nasce una voce, un luogo comune ritenuto acriticamente Vangelo? Ci sono molti modi in cui può nascere, ma la taccia di cui è vittima Potenza da qualche anno è certamente il modo più stupido in cui un luogo comune possa essere creato ed alimentato. Il provincialismo estremo (nelle sue varie forme) e più sconcertante colpisce una città storica, una delle cento città d’Italia, senza che nessuno abbia la curiosità nemmeno di capire se si tratti di una faccenda seria oppure no. Sia a causa di un campanilismo antipotentino che viene dall’altra città della regione (e che ha origini ben più remote di quanto si possa pensare comunemente), sia per l’avvento di uno strano sortilegio che potrebbe sembrare associato ad una sorta di sindrome di Stoccolma, o di una sua versione locale (una sindrome tale da rendere finanche alcuni potentini ostaggi dei più superficiali e arbitrari luoghi comuni contro se stessi), si sono venuti a creare casi semplicemente assurdi che in nessun’altra regione sarebbero nemmeno lontanamente pensabili. Perché in nessun’altra regione, neanche del Sud? Molto semplicemente, perché in questa regione c’era già un humus favorevole all’emergere di quei luoghi comuni e di quelle deformazioni culturali o di quella retorica culturale (subculturale, per essere più precisi, e parliamo della subcultura basilisca) a cui Potenza era, ed in gran parte è ancora oggi, totalmente estranea. Non è un caso che il ‘Cristo si è fermato ad Eboli’ non sfiora nemmeno Potenza, non è un caso, anzi, è un caso praticamente unico in questa regione, che, in generale, al potentino la retorica basilisca abbia sempre dato abbastanza fastidio (potremmo fare tantissimi esempi a questo riguardo ed il più vicino in ordine di tempo è l’articolo di Lucio Tufano, ripubblicato dalla nostra rivista nello scorso numero di dieci giorni fa). Da quell’humus leviano è nata una egemonia culturale (ma, ripetiamo, noi lo riteniamo un fenomeno subculturale), che devasta culturalmente la Basilicata ancora oggi. I portatori di questa retorica hanno individuato in Potenza l’antagonista interno; con tutto ciò che ne segue. Siccome non si tratta di un paesino isolato, ma di Potenza, che continua, come sempre, a disdegnare ed a rifiutare quei modelli quali, ad esempio, l’estetica della miseria e del mondo contadino, questo suo essere ‘altro’ suona per molti, specialmente dopo la proclamazione di Matera a Capitale Europea della Cultura 2019, come una provocazione intollerabile, anzi, come una eresia intollerabile che l’egemonia basilisca regionale tenta di combattere con i mezzi o con i mezzucci di cui dispone, a partire dalla creazione di luoghi comuni a danno della “città fra paesi”, per dirla con il titolo di un volumetto del poeta potentino Vito Riviello. Tutte queste cose non potevano non determinare una diffidenza o uno scontro culturale con Potenza, aprendo e sancendo un’altra frattura interna alla Basilicata ed aggiungendola alle altre già esistenti. Tutto ciò che in Basilicata non rispondeva e non risponde a quei criteri estetici, tutto ciò che sfidava e rifiutava quei modelli è stato indicato come nemico interno. Da qui, passare alla denigrazione orchestrata è stato un tutt’uno.  Prendiamo in considerazione, per entrare più nel dettaglio, la voce che si è sparsa e che si è radicata, soprattutto o principalmente in questa regione e, fatto gravissimo, partendo proprio da questa regione, di Potenza come città più brutta d’Italia, più brutta d’Europa e, da qui delirando senza più freni inibitori (tanto, nella estrema provincia si può arrivare a dire qualsiasi bestialità senza trovare nel deserto culturale del sottosviluppo regionale alcuna forma di resistenza e di sanzione), incredibilmente, più brutta del mondo. Premettendo che vorremmo parlare di questioni culturali o estetiche, e non psichiatriche, tralasciamo le due ultime connotazioni per concentrarci sulla dimensione nazionale; città più brutta d’Italia. Nomea, che, come si è detto più volte, nasce e viene nevroticamente alimentata solo ed esclusivamente in questa regione, con giornali cartacei e online, materani o regionali, anche con alcuni di quelli stanziati fisicamente a Potenza; giornali che hanno finito per santificare i paradigmi basilischi e, come tutte le cose santificate, ponendoli al di sopra di ogni critica razionale ergo autenticamente culturale. Si può dire qualsiasi cosa in questa povera regione, tanto più se questa cosa è denigratoria nei confronti di Potenza. Si sa, o forse pochissimi sanno, che al fondo dello spirito di questa regione cova una sorda e profonda frustrazione nei confronti di Potenza per i motivi poco prima detti e, magari, anche per altri motivi meno culturali. Passare dalla frustrazione al sordo rancore e scivolare rapidamente per quella via è cosa prevedibile. Delle fratture culturali interne a questa regione abbiamo appena fatto cenno e si tratta di fratture culturali su cui concordano gli storici locali più seri. Arriveremo a fare anche questi discorsi pian piano. Torniamo al tema. Essendo ormai per necessità, solo per necessità, attenti lettori di svariate pagine Facebook (Umberto Eco non aveva tutti i torti su Facebook, purtroppo) abbiamo riscontrato, su certe pagine, la ricorrenza ossessiva delle stesse coordinate a proposito di questa nomea. Cosa vogliamo intendere con coordinate? Vogliamo intendere per coordinate i luoghi fisici da cui partono questi luoghi comuni e vogliamo intendere, inoltre, le fonti originarie, i testi di riferimento che hanno alimentato, coperto, legittimato questa invereconda e sistematica opera di discredito verso la città di Potenza. Già, le fonti. Questo è il passaggio chiave. Le fonti sono decisive in una regione come questa in cui pochissimi hanno le doti ed il coraggio per condurre una polemica culturale in prima persona e con propri argomenti. Per questo motivo, le fonti a cui fare riferimento e con cui coprirsi sono tutto. Come dire? L’ha detto lui e se lo dice lui allora è vero. Bisogno di una autorità riconosciuta dal timbro, di una verità certificata col timbro della autorità, quale che sia. Abbiamo notato che le fonti, in questo caso, sono sempre le stesse e si riducono sostanzialmente a due; una è la dichiarazione del 2012 del regista Giovanni Veronesi e l’altra è l’ultima inchiesta del periodico dei consumatori ‘Altroconsumo’, pubblicata anch’essa nel 2012. Tutto parte da questi due momenti. Rispetto al primo, a dire il vero, le proteste e le critiche da parte di molti potentini ci sono già state all’epoca. Ne ricordiamo una per tutte, quella, molto veemente a difesa della sua città, di Enzo Fierro, animatore del movimento ‘We love Potenza’, che su Twitter polemizzò direttamente con lo stesso regista toscano contestandogli il fatto che Veronesi non aveva visitato Potenza o che, se l’aveva fatto, l’aveva fatto in modo molto superficiale. A dire il vero, è pure possibile che Veronesi si sia fatto un giro, ma non sempre basta farsi un giro per capire quello si vede quando si inforcano occhiali sbagliati. La bellezza o la bruttezza appartengono ad ambiti molto soggettivi e, siccome in Italia sembra che esista la facoltà di esprimere la propria opinione, anche Veronesi ha diritto di esprimere la sua. Il problema è un altro ed è tutto interno, ancora una volta, a questa regione. Il Veronesi è venuto qui in Basilicata per un paio di giorni, ha detto quattro amenità per l’occasione e poi se ne è andato, dimenticandosi probabilmente anche della esistenza della Basilicata. Non è stato veramente lui ad essere decisivo per la propagazione della nomea. Sono stati gli organi di stampa locali che l’hanno amplificata e fatta diventare l’ennesima verità rivelata basilisca. Del signor o dottor Veronesi abbiamo già parlato in un altro articolo e, quindi, non perderemo ancora tempo a parlare di lui. Quel che colpisce non è il fatto che uno che si chiama Veronesi o Fantozzi possa emettere sentenze ritenute inappellabili (ognuno dice quel che vuole e, poi, sta alla sua autorevolezza, al livello dei suoi argomenti permettere che il suo pensiero venga tenuto in grande considerazione, o meno); quel che colpisce veramente è il fatto che il parere di un modestissimo regista come Veronesi, autore di pellicole veramente brutte e di scarsissimo o insignificante valore artistico, sia ritenuto in questa regione, regno del provincialismo più patetico, un vate, un nume della cultura, della bellezza e dell’arte. Si amplifica la nomea attraverso un articolo che gira molto su certe pagine di Facebook. Quante volte vediamo quell’articolo di uno dei due quotidiani di Potenza usato e strumentalizzato in maniera così ignorante? Alludiamo a quel solito articolo che parla del giudizio di questo tale Veronesi. Al contrario, non si parla mai del giudizio, ben diverso e di ben altro valore, di uno che davvero nel mondo, e non solo in Italia, ha titolo per parlare e disputare di bellezza; Giorgio Armani, il più grande stilista di moda italiano. Uno che di bellezza forse ne capisce un po’ di più del mai prima sentito nome di Veronesi (l’unico Veronesi che conoscevamo un po’ tutti era l’oncologo). Ma veniamo alla seconda fonte già detta, che è una fonte molto più pericolosa ed influente perché rivendica diritti di scientificità. Qui la faccenda è molto più seria, al punto tale che riteniamo quella inchiesta come la vera fonte del pregiudizio. L’antefatto è presto detto. La rivista della associazione ‘Altroconsumo’ ha pubblicato nel luglio 2012 una inchiesta conclusasi con una classifica sulla vivibilità delle città italiane. Gli interessati denigratori abituali di Potenza hanno fatto ben presto di questa inchiesta la loro fonte di legittimità scientifica su cui fondare, ma in modo ‘rispettabile’, la loro misera attività. Che ghiotta occasione! Non solo si trova qualcuno che fa una inchiesta con i risultati agognati dai denigratori basilischi, ma, per di più, l’inchiesta si veste addirittura dei panni della rispettabilità, anzi, dell’inconfutabilità scientifica. Altro che un Veronesi qualsiasi. Lo dice la scienza dei sondaggi e, quindi, se lo dice una serissima rivista scientifica di Milano, cosa c’è più da discutere, tanto più in una terra in cui tutti gli idola tribus di baconiana memoria trovano, soprattutto se rivolti contro Potenza, acritica e totale accettazione? Ovviamente, anche questa inchiesta è stata propagandata dai media della Basilicata come oro colato. Come dogma indiscusso ed indiscutibile da accettare in pieno, pena, ci risiamo, l’eresia. Potremmo noi, si saranno chiesti in tanti, poveri lucani o basilischi, contestare la scienza? Una ricerca che viene fatta a Milano? Da perfetti apoti, dal greco ápotos (gli apoti erano quelli che, secondo lo scrittore Giuseppe Prezzolini, se la bevono, bevono qualsiasi cosa gli venga spacciata, gli apoti si bevono tutto come perfetti boccaloni), lucani e/o basilischi di varie provenienze hanno bevuto tutto; hanno abbracciato e propagandato la nomea, la diceria, senza la minima esitazione. Se lo dicono quelli di Milano? Vediamo allora di scandagliare il fondo di queste rivelazioni sconvolgenti che hanno conferito a Potenza, secondo apoti e basilischi, l’alloro (al contrario) della città più brutta d’Italia. La classifica delle città più vivibili e meno vivibili d’Italia era stata già realizzata cinque anni prima, nel 2007. In quell’anno, furono presi in esame solo i capoluoghi regionali e Potenza si classificava, tutto sommato, non male per essere una città situata nel Sud (i primi ed i secondi posti sono tutti appannaggio in questo genere di classifiche delle città del Nord e del Centro); quattordicesima su 21, ponendosi col suo 51,2 di punteggio globale davanti a Milano, Roma, Genova, Reggio Calabria, Bari, Palermo e Napoli. Per realizzare la classifica, ‘Altroconsumo’ si basò, sempre nel 2007, sul parere dei cittadini dei 21 capoluoghi regionali (Trento e Bolzano sono considerati di pari lignaggio), ma anche su quello dei cittadini dei paesi delle rispettive province (e già qui non ci siamo tanto come criterio). Una decina di criteri in tutto e Potenza si classificava nel 2007 all’ultimo posto solo nella classifica particolare del ‘Paesaggio urbano’ con 4,7 dietro anche a Palermo col 5,2 (ventunesima su 21 nella classifica del paesaggio urbano). E veniamo all’inchiesta del 2012. Cinque anni dopo i criteri primari sono, più o meno, gli stessi e, più o meno, gli stessi (solo qualche aggiunta) sono anche i criteri secondari. Tra i criteri primari (undici in totale) ci sono; 1) servizi per la salute; 2) lavoro ed affari 3) ordine pubblico 4) mobilità e trasporti 5) ambiente 6) pubblica amministrazione 7) abitazione 8) istruzione 9) cultura, svago e sport 10) paesaggio urbano 11) shopping e servizi. Il criterio del paesaggio urbano viene ‘pesato’ al 3% dell’intero giudizio complessivo della graduatoria. Nel 2007 le città prese in esame furono ventuno, mentre nel 2012 si sono aggiunte anche le seconde città delle maggiori  regioni e così il numero delle città in classifica è salito a 34. Nella graduatoria generale il 14° posto su 21 del 2007, diventa per Potenza il 21° su 34 nel 2012. Per essere una città del Sud non male, anche se non certo esaltante come posto in graduatoria. D’altronde, di città meridionali più vivibili di Potenza ci sono solo Cagliari (che spesso però non viene considerata nemmeno una città meridionale) e Salerno. Torniamo alla classifica del paesaggio urbano del 2012. Ultimi anche questa volta. Questo è il punto che ha scatenato e santificato il luogo comune o la nomea di città più brutta d’Italia. Ci si può opporre ad una inchiesta condotta con criteri così oggettivi, ad una inchiesta così seria? Certo che no, sostengono i basilischi. Certo che sì, diciamo, invece, noi. Certo che ci si può opporre, in quanto l’inchiesta è seria e professionale (ovviamente non è tutto oro colato il modo in cui è stata condotta né gli esiti che ne scaturirono), ma sono i divulgatori, i molto interessati divulgatori dei luoghi comuni, a non essere per niente seri e professionali. Vediamo perché non lo sono. I criteri secondari che hanno prodotto il giudizio complessivo su questa specifica classifica sono stati i seguenti; 1) non eccessiva edificazione, spazi aperti; 2) stato di conservazione degli edifici; 3) pulizia di strade e marciapiedi; 4) numero e cura degli spazi verdi (parchi e giardini); 5) arredo urbano (panchine, lampioni, pavimentazione); 6) piste ciclabili; 7) assenza di barriere architettoniche. Alcune cose non sono chiarissime in questa griglia di criteri. Allora, ci siamo rivolti direttamente alla rivista ‘Altroconsumo’, che non ci ha fornito però ulteriori ragguagli per ognuno dei sette sottocriteri. Quindi, non è chiaro cosa voglia dire densità eccessiva di edificazione. Troppi palazzi? Troppi volumi per palazzo? Troppi piani per palazzo? Spazi aperti? Sì, ma dove? Sotto ogni palazzo? Cosa si chiede, allora? Un giardino per ogni palazzo in ogni città? Avete mai visto una città così? Piste ciclabili? Ma dove? In una città tutta verticale come Potenza, dove l’uso della bicicletta è pressoché sconosciuto perché è praticamente impossibile andare in bicicletta? Questo sottocriterio, in realtà, conta moltissimo per la rivista ‘Altroconsumo’. Nel 2007 Palermo vinse il confronto con Potenza per un soffio sul paesaggio urbano con 5,3 punti contro 4,7, di cui ben 2 attribuiti alla sottovoce piste ciclabili. Non sappiamo se a Palermo ci siano molte piste ciclabili. Certo è che Palermo è una città di mare e che in pianura se ne possono costruire di piste ciclabili perché c’è solo pianura. E già bastano le piste ciclabili ad alterare tutta la classifica. E che dire del verde? Abbiamo chiesto alla redazione di ‘Altroconsumo’ se fossero a conoscenza del fatto che Potenza è la città più verde del Sud e la quinta città più green d’Italia. Ci hanno risposto che la classifica loro l’hanno fatta secondo i loro criteri, ma sulla base delle impressioni dei cittadini di ogni città ed anche dei cittadini della provincia (in questo caso, anche dei cittadini della provincia di Potenza). I potentini intervistati ed i lucani della provincia di Potenza non sanno che Potenza è una città molto verde (è uscita la classifica aggiornata sulle città green proprio pochi giorni fa ed ha confermato questo dato). Non lo sanno. Amen. Ce ne faremo una ragione, ma anche questo dato è molto importante al punto che questo dato finisce anch’esso per falsare tutta la speciale classifica sul paesaggio urbano. Si possono considerare come dati affidabili solo i dati sulle barriere architettoniche, sulla cura dei marciapiedi, delle aiuole e sulla pulizia delle strade, problemi comuni a tante città, ma poi basta. Magari, si potrà dire che l’Amministrazione Comunale di Potenza, che sta quasi sempre in difficoltà finanziarie, non ha avuto i soldi per una perfetta manutenzione delle strade e della pulizia, ma più di questo non si può dire. La domanda fondamentale, giunti a questo punto, è questa: l’ultimo posto in questa classifica parziale (34 città e non su 110 capoluoghi di provincia) autorizza davvero a sparare titoloni su Potenza come città più brutta d’Italia? Ma non scherziamo! La bellezza ed il fascino di una città non dipendono da questi passeggeri e parziali fattori legati alla buona amministrazione ed alla buona manutenzione. Ed infatti è proprio quello che ci ha ricordato il signor Lorenzo Zucchi a nome della redazione della rivista ‘Altroconsumo’ di Milano. “Assolutamente no – ci hanno detto ad ‘Altroconsumo’perché la nostra inchiesta non si occupa di quell’aspetto. Con questo indice del paesaggio urbano non si valuta fascino e bellezza di una città, altrimenti troveremmo Roma, Firenze e Venezia a ricoprire i primi posti della hit parade, mentre ai primi posti ci sono le immancabili Trento e Bolzano, seguite da Parma e Torino”. C’è da rimanere sbigottiti. Per anni si è accreditato quel dato, come sempre, nell’assenza di qualsiasi barlume di senso critico, senza aver capito nulla di quell’inchiesta. Si è costruito un dato falso e lo si è usato in maniera scorretta e diffamatoria (ognuno può esprimere tutti i giudizi estetici che vuole, ma, in questo caso, alcuni giornalisti hanno violato le più elementari regole deontologiche della loro professione). La credenza di Potenza come città più brutta d’Italia dunque si sgonfia ed assomiglia ora ad un soufflé andato a male. I basilischi hanno spacciato solo una grande ’bufala’. Una gigantesca ‘bufala’.

 

PINO A. QUARTANA

MARCO TROTTA

Lascia un commento