Del disagio, della crisi, della decadenza che toccano da alcuni anni Potenza ho già parlato sufficientemente la passata settimana. Qualche lettore ha scritto che si aspettava da me non solo una dettagliata e lucida analisi dei punti di debolezza di Potenza, ma anche un quadro di proposte per uscire dalla crisi. Arriveranno anche le proposte. Ma in questa sede voglio dare precedenza ad una riflessione ancora più urgente di quella riguardante le proposte, una riflessione avente per oggetto un fenomeno che ha i caratteri di una emergenza culturale e psicologica. La crisi di Potenza, lo scrivevo giorni fa, prima di essere una crisi amministrativa, politica, economica, sociale (troppi poveri in uno dei centri lucani con il più alto reddito pro-capite lordo) è, prima di tutto, una crisi spirituale, psicologica, morale e, di conseguenza, anche culturale. Potenza è in un circolo vizioso da anni; più scende giù, più si accorge che l’ambiente circostante gli diventa ostile. Ma più l’ambiente circostante gli diventa ostile e più la città, invece di reagire, si lascia andare sempre di più. Adesso devo fare la traduzione di questa immagine fenomenica. E, però, arriverò anche a dire delle cose forse mai dette, ma sicuramente un po’ traumatiche. Osservo attentamente, magari più da lontano che da vicino (vivo a Roma da molti anni) ciò che accade a Potenza e attorno a Potenza. Credo di trovarmi in una posizione mediana tra chi sta troppo dentro e vicino all’oggetto di osservazione (coloro che abitano a Potenza) e coloro che la osservano troppo da lontano (il resto dell’Italia). Essendo un potentino che coltiva di continuo la conoscenza della sua città, ma vivendo fuori da essa, forse, sono nella posizione ideale per cogliere in pieno la verità sull’oggetto di indagine. E’ come chi osserva il Sole e cerca di carpirne i misteri. Se sta troppo vicino, ne resta accecato e non vede più nulla. Se sta troppo lontano dall’oggetto, non lo vede più lo stesso e le distanze siderali non portano più all’osservatore il calore della passione e dell’empatia che serve a conoscere l’oggetto. Venendo al sodo, credo che Potenza non possa più contare per la sua cura e per il suo ristabilimento sul resto dell’ambiente circostante, in altre parole, sul resto della regione di cui è tuttora capoluogo. Questo è il primo dato, tanto traumatico quanto innovativo, che sto ricavando da un lavoro certosino, scientifico che conduco sul web da alcuni mesi. Questa è l’opinione che ormai mi sono fatto. Ma c’è di più. Potenza sente di più non solo una certa fredda indifferenza sulle sue sorti, l’indifferenza del resto della regione, ma anche sempre più ostilità intorno a sé, una ostilità sempre più evidente nel resto della regione. I segni sono disseminati dappertutto. Basta sviluppare un po’ i sensi e questo sorprendente quadro si offre alla percezione di chiunque. Il peggio non finisce ancora qui, però. C’è ancora dell’altro. Sono giunto alla convinzione che il chiacchiericcio negativo di cui la città soffre sia, in gran parte, un ‘regalo’ costruito e prodotto nella stessa regione Basilicata o Lucania che dir si voglia, fino ad arrivare a punte estreme di autentico delirio diffamatorio ben localizzate nella città corregionale a 100 km ad est. Mi fermo per un attimo all’ambiente esterno corregionale. Faccio un esempio tra i tanti possibili, tralasciando per il momento di esaminare la invincibile e storica rivalità Potenza-Matera, o viceversa, che, costituisce ormai un grande dibattito a parte. Vediamo, per esempio, qual è, in concreto, l’atteggiamento di coloro che governano (si fa per dire, naturalmente) la Regione Basilicata, casualmente allocata in territorio comunale di Potenza. Di atteggiamenti antipotentini da parte della Regione Basilicata e del suo attuale governatore ce ne sono quanti ne volete, cari lettori. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Si va da fatti plateali ad altri fatti meno eclatanti, ma di uguale natura e segno. Si è parlato molto nei giorni scorsi dello ‘sfregio’ istituzionale di Pittella jr. che ha voluto far firmare il ‘Patto per la Basilicata’ a Matera e a Maratea (poi Maratea è saltata come tappa ed il patto è stato firmato a Matera col sindaco di Matera benedicente in prima fila e con il sindaco di Potenza nascosto in quarta fila come un signor Nessuno). Voglio portare un altro esempio, meno evidente forse, di questa mal disposizione (ovviamente chi voglia chiamarla, invece, ostilità, indifferenza o peggio è liberissimo di farlo) dell’Ente Regione attuale nei confronti della sua città capoluogo. Mentre l’Azienda Regionale di Promozione Turistica costituisce l’ennesimo motivo di lotta della eterna Secchia Rapita lucana, o basilicatese, con tanti materani che criticano insistentemente il fatto che l’APT abbia sede a Potenza e non a Matera, l’Ente di promozione turistica allocato a Potenza che fa? Basta seguire la sua pagina facebook per capire quale possa essere l’idea retrostante della propaganda turistica della Regione Basilicata; Sassi, Sassi, sempre e solo Sassi di Matera. La ‘fissa’ è stata già notata e criticata da diversi frequentatori (non potentini, tra l’altro) di quella pagina. Oppure, se non sono i soliti Sassi, quella pagina esalta ininterrottamente qualsiasi scorcio di qualsiasi comune della regione, ma immagini di Potenza bisogna cercarle col lanternino. Qualsiasi cosa sembra, per quella pagina, cioè per l’Ente regionale, avere più interesse, più nobiltà, più carica attrattiva, turisticamente parlando, di Potenza. Anche paesini sperduti di seicento abitanti dotati di una sola masseria di campagna hanno, evidentemente, per la Regione Basilicata pittelliana molto più peso turistico di Potenza. Dinanzi a questo fatto uno si chiede; ma c’è solo provocazione politica, c’è solo un disegno politico dietro questa visione turistica oppure c’è anche dell’altro? La mia convinzione è che ci sia effettivamente anche qualcos’altro. Per farla breve e per anticipare la tematica sulla quale ritornerò e ritorneremo mille volte, credo che si tratti della ormai invadente e tracimante egemonia di un pensiero unico ormai in procinto di diventare dominante in questa regione, un pensiero che mi piace definire con l’espressione di “ideologia basilisca”.
Proprio per essere telegrafico, direi che la ‘ideologia basilisca’ è quella particolare subcultura dell’arcaico paesano e contadino, della prevalenza estetica e valoriale del mondo dello sperduto paesino meridionale sulla città, della cultura contadina sulla modernità, dell’estetica della miseria sull’arte classica e cittadina, sulla cultura ‘alta’. L’ideologia basilisca rovescia, incredibilmente, l’estetica della miseria in un presuntuoso senso di superiorità rispetto a tutto ciò che la modernità, le idee nuove, il progresso, la tradizione europea ed occidentale, la città, la borghesia, la Storia rappresentano. Essa è, quindi, la diretta erede del levismo, l’apoteosi stessa del levismo-pasolinismo, ma con un ulteriore peggioramento rispetto alla manifestazione originaria leviana, che aveva già un atteggiamento rancoroso e rivendicativo rispetto alla Storia ed alla civiltà industriale e moderna, ma che ancora nutriva un timore reverenziale nei confronti di quella. Oggi, invece, l’ideologia basilisca, pensiero quasi egemone della Basilicata 2016, si presenta addirittura come cultura dominante e superiore; non più meramente consapevole della sua marginalità nel mondo contemporaneo, ma, in maniera abbastanza patetica e ridicola, fiera della sua marginalità e della sua presunta aura di nobiltà e superiorità …culturale.
Se le cose stanno così, anche solo in parte così, non dovrebbe essere difficile ricavarne un succo politico e delle conseguenze su vasta scala, una fra tutte: Potenza è fuori, totalmente fuori da questo schema basilisco, anzi, sembra proprio la vittima predestinata di questo modo di essere e di pensare. Nonostante sia il capoluogo regionale o, forse, proprio per questo motivo, Potenza dà fastidio a questo pensiero unico basilisco, che, incoraggiato anche dalla nomina di Matera a Capitale della Cultura europea 2019, prova a farsi egemone essendo, inoltre, ben consapevole del fatto che le caratteristiche identitarie di Potenza sono di tutt’altra natura. Chi vuole intendere intenda pure.
PINO A. QUARTANA