Questo breve ricordo di Potenza è stato scritto nel 1998 (e pubblicato, sempre nel 1998, nel volume “Basilicata, note di viaggio” a cura di Rosa Pedìo Diamante) da uno dei personaggi più singolari della storia italiana contemporanea. Stiamo parlando del conte Giovanni Nuvoletti Perdomini, scrittore mantovano, Presidente della Accademia Italiana della Cucina, ma anche e soprattutto protagonista del jet set mondano. Strettamente imparentato con Gianni Agnelli, di cui aveva sposato in seconde nozze la sorella Clara, Nuvoletti aggiunse al suo cognome quello di Perdomini. L’aggiunta fu molto tarda e ben poco considerata dai suoi interlocutori. Perdomini era il cognome di un suo zio ‘nobile’ (titolo nobiliare proveniente dalla storica famiglia dei signori mantovani Gonzaga) da cui Giovanni Nuvoletti venne adottato molto tardi, negli anni ’70, e che gli trasmise un titolo decorativo e senza alcun valore legale. Giovanni Nuvoletti è stato definito in molti modi; come l’ultimo dei gentiluomini italiani, come l’archetipo del ‘bon vivant’ e dell’uomo di mondo di altri tempi. Nato nei pressi di Mantova nel 1912 (il suo libro più importante è “Un matrimonio mantovano”), Giovanni Nuvoletti morì a 96 anni nel 2008. Nel 1934, il (conte) Nuvoletti era a Potenza dove frequentava la Scuola Allievi Ufficiali di Artiglieria ed il suo amico e compagno di corso nella nostra città era un altro italiano famoso, l’ex governatore nonché artefice del miracolo economico italiano, Guido Carli.
Potenza, caro nome: sonoro, clamoroso imperativo squillò 64 anni orsono anche per me con la ineluttabile chiamata della “moderna” Scuola Allievi Ufficiali di Artiglieria, e puntualmente le oneste FF.SS. di allora portano a non inglorioso destino militare anche il mantovano allievo Giovanni Nuvoletti. L’impatto potentino non fu esaltante e i pregiudiziali luoghi comuni del nordico “polentone” trovarono facile conferma nel contesto di una realtà che umiliava i miti liceali; oh! saggezza di Orazio, oh! gloria di Federico! Si confermavano invece gli accorati accenti del gran meridionalista inascoltato, Giustino Fortunato.
E poi, e poi nella fuggitiva ronda dei giorni, non ultimo conforto Cecubo e Falerno e la solare solubrità dell’aere, ecco il fiorire delle amicizie, novissime per i lunghi passi e i furtivi incontri di via Pretoria, o antiche per l’ospitalità di Guido, Aline e Ascanio Branca, complice la buona coscienza di un giusto dovere compiuto, e la nascita spontanea negli affetti con la civilissima umanità di una gente, povera sì ma così ricca di cuore e di ingegno; è stato un progressivo abbraccio con un popolo davvero forte e gentile e signore. E ancora, e dirò tutto, alla mia nativa,spasmodica e viziatissima golosità si offerse il paradiso culinario integro di sapori onesti e genuino di antica sapienza , oh!, pasticci eroici del ‘Roma’ (un ristorante nonché albergo della Potenza degli anni ’30 del secolo scorso n.d.r.).
Quante volte poi ne inseguimmo i ricordi con l’insostituibile amico della mia vita, il compagno “allievo” Guido Carli, dai grandi destini.
Venne così il giorno fatale degli addii, concluso sorprendentemente il “corso” da primo in classifica fui in grado di decidere la destinazione della sede per il servizio da ufficiale, e la mia scelta fu proprio quella che era diventata la cara Potenza.
Poi la Patria invece mi destinò altrove, a Roma per la rappresentanza, ma non stupirà apprendere se nella mite ferrovia per Battipaglia il “polentone” Nuvoletti non riuscì a nascondere qualche lacrima; lasciavo una piccola nuova casa del cuore: Potenza.
GIOVANNI NUVOLETTI PERDOMINI