Capodanno al buio potrebbe far pensare al titolo di un film (magari anche un po’ piccante, per gli spiriti più maliziosi!) o di un romanzo; tutt’al più potrebbe esser scambiato per il titolo di un articolo di denuncia, per la mancanza di energia elettrica nell’ultima notte dell’anno.
Nulla di tutto questo: il titolo è una forma metaforica, volta a descrivere la situazione del centro storico potentino, nell’ultima notte di San Silvestro.
Lungi da una circoscritta descrizione critica dell’ultima notte dell’anno, vogliamo affrontare, proprio partendo da questa, presa come segno testimoniale, un discorso su politiche comunali e regionali degli ultimi anni, che hanno e stanno portando Potenza ad una certa marginalità, pur continuando ad essere formalmente capoluogo di regione.
Percorrendo le vie del centro storico potentino, la notte dell’ultimo capodanno, ci si poteva persuadere che fosse una anonima serata invernale, tipica di una città con clima rigido: luci molto fioche, bar e ristoranti chiusi, poche decine di pedoni e soprattutto gran silenzio. Soprattutto mancava nel cuore del centro, in piazza Mario Pagano, un’attrattiva musicale, tipico rituale dei capodanni di ogni città (almeno di quelle che sono capoluoghi o che comunque rivestono una certa importanza territoriale), a prescindere pure dal fatto che sia costituita da un concerto di artisti importanti o meno. Contemporaneamente ed anche antecedentemente, a Matera era in atto un concerto- spettacolo, organizzato dalla RAI e sponsorizzato fra gli altri dalla regione Basilicata, che vedeva come protagonisti diversi artisti canori e televisivi importanti, ma, soprattutto, una fortissima partecipazione di pubblico, da tutta la regione e da quelle limitrofe. Ovviamente buona parte del pubblico era composta da potentini, i quali, a fronte dell’assenza di programmi per la notte nella propria città e mossi dal clamore dell’evento nella città dei Sassi, non hanno esitato a scegliere il luogo da dove dare l’addio all’anno vecchio.
Ciò che è accaduto la notte di San Silvestro è la rappresentazione (nonché effetto) di un fenomeno che ormai da un decennio, in modo inizialmente strisciante e poi, via via, sempre più alla luce del sole ha preso piede. Il fenomeno è di un andamento uguale e contrario delle sorti, per così dire, di Potenza e Matera: la prima sempre più in una condizione marginale, la seconda sempre più in auge. Questo andamento prende origine da cause separate, ma, ad un certo punto, è stato acuito da scelte politiche. Matera ha capitalizzato al meglio il patrimonio dei Sassi, riuscendo ad innescare un circuito virtuoso, che ha coinvolto il resto della città, nonostante la battuta d’arresto dell’industria del salotto. La politica regionale, sempre più a corto di idee per lo sviluppo (benché foriera di proclami generici quanto vacui), ha individuato questo corso virtuoso materano come perno su cui innestare piani per lo sviluppo (almeno negli intenti proclamati). Per di più , è giunta l’investitura di capitale del 2019, che ha suggellato per la città dei Sassi questo decennio di ciclo virtuoso. Per converso, Potenza ha subito una politica urbanistica di progressivo decentramento, basato essenzialmente sulla nascita di complessi edilizi, creati senza avere un piano organico a monte. E’ stata privilegiata la quantità di nuove costruzioni a valle della città, lasciando che il centro storico fosse sempre più abbandonato da negozi e servizi, con un crescente degrado. Il tutto è stato aggravato dalla crisi di domanda che si è verificata nella società italiana e da quella delle finanze comunali, innescando una vera spirale micidiale per il capoluogo lucano.
Se Matera ha potuto contare nella sua ascesa anche e soprattutto sulla capacità dei suoi cittadini di cogliere la positività che stava baciando la propria città e la conseguente abilità nel giocarsi al meglio le carte in mano, Potenza, di sicuro, non ha goduto di un pari impegno da parte dei suoi abitantinel cercare di risollevarla da una degrado progressivo. Semmai una certa indifferenza civica, una certa apatia che connota i potentini, si è tramutata in un ingiustificato disprezzo per la propria città.
Ecco allora il vero buio dell’ultima notte dell’anno potentina. Un buio civico, ben rappresentato dalla scenografia di pallide luci natalizie (frutto dell’autofinanziamento dei commercianti del centro storico), e dall’assenza dei suoi abitanti.
La rinuncia al centro storico incarna in una città, la rinuncia alla propria identità; ritornando in ordine metaforico, verrebbe da chiedersi se il capodanno di Potenza ha inaugurato un anno buio o se ci sarà la luce della volontà di riscatto dei suoi cittadini.
Giuseppe Onorati