Il grande giorno’ di Matera 2019, atteso da cinque anni, è arrivato ma non sembra abbia raccolto unanimi ed entusiastici consensi. Innanzitutto, la cerimonia inaugurale criticata finanche da molti degli stessi ‘abitanti culturali’ materani, che l’hanno ritenuta noiosa e retorica. Sembra che la cosa più eccitante sia stato l’intervento di Mattarella, il che è tutto dire. Le bande musicali dei comuni lucani ed i fuochi pirotecnici non hanno certamente dato alla inaugurazione quella raffinata atmosfera di capitale europea che molti si aspettavano o che si auguravano. Infatti, se ben vediamo con un po’ di freddezza e senso critico cosa c’è dietro alla spasmodica ed esagerata esaltazione dell’evento (in sede prevalentemente regionale, visto il sostanziale disinteresse del resto d’Italia e della stessa città di Potenza), allora si scorge ben poco di sostanzioso e di culturalmente eccitante. Matera si manifesta come capitale dell’estetica e dell’apparenza, condividendo l’affermazione riportata dal Presidente del Consiglio Conte nel discorso di inaugurazione: “Questa città offre una dimostrazione importante dell’estetica”. Infatti, Matera sta creando una forte attrazione Estetica e Retorica, con una spasmodica ed esagerata esaltazione dell’evento.
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Dietro, c’è una forte discrasia tra realtà e mito, ma anche, una contrapposizione tra infrastrutture ed eventi, per così dire ‘estetici’, tra occupazione e sviluppo economico. Gli effetti “allucinogeni”, i fuochi d’artificio ed altri effetti ‘speciali’ mostrano il loro effimero stato di “bellezza”, di eccitazione per un altrettanto effimero periodo e, inoltre, l’effimero sembra volersi prestare solo ad un uso di breve termine. Per dirla senza giri di parole, sembra prestarsi solo ad uno sfruttamento politico ed elettorale nei prossimi due mesi.
Dal lato infrastrutturale, tutte le opere da realizzate su Matera o sono in ritardo o non sono completate (stradali, ferroviarie, ecc. ecc.). Come se non bastasse, mancano i collegamenti interni tra Potenza e Matera, le due città della regione, che continuano a restare come due città lontane, estranee e remote fra di loro, mentre si potenziano quelli extraregionali verso la Puglia e il Centro Nord. Se quindi le infrastrutture sono una chimera ed una illusione, gli eventi causano un effetto ottico distorto e miope, un’arma di distrazione di massa rispetto al crollo demografico, all’aumento delle diseguaglianza, al declino economico, ad un falso boom turistico pari a circa 7 o 8 turisti per 100 abitanti della città dei Sassi (Matera: presenze 2017 – 447.721, residenti 2017 – 60.351) rispetto al turismo di montagna del Trentino Alto Adige che è di circa 43 o 44 turisti su 100 abitanti. Emerge in tutta la sua gravità il paradosso lucano di una regione montana e collinare che raggiunge quasi l’80% delle presenze (pernottamenti) nel 2017 tra Matera e le località balneari della costa Jonica e di Maratea (18% Matera e circa 62 % il turismo stagionale del mare Tirreno e Jonico).
Ma il turismo lucano ha questo boom così stratosferico o è una grandiosa mistificazione?
La Basilicata è passata da 3,44 turisti del 2012 a 4,4 turisti del 2017 ogni 100 abitanti e Matera, la capitale della “cultura”, nel 2017 ha raggiunto un indice di 7,4 turisti ogni 100 abitanti.
Il turismo solo montano, ad esempio nel Trentino, è passato, dal 2012 al 2017, da 43,2 a 45,2 turisti ogni 100 abitanti.
Trentino 45,2
Basilicata 4,4
Matera 7,4.
Tutti i soldi investiti a Matera quale sviluppo hanno prodotto? Purtroppo, hanno prodotto una media del turismo in Basilicata, dal 2012 al 2017, molto deludente con una crescita di appena 1 turista ogni 100 abitanti. La crescita esponenziale delle risorse per Matera (900 milioni indicati da Franconi) ha prodotto l’aumento di 3 turisti in più su 100 abitanti rispetto alla media della Basilicata. Sono sufficienti questi dati per assicurare un aumento di occupati, un blocco dell’emigrazione e del calo demografico? E, soprattutto, per giustificare un così largo e massiccio dispendio di risorse finanziarie?
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Per quanto riguarda il bilancio culturale, e lasciando stare tutto ciò che è successo o, meglio, non è successo negli anni dal 2014 fino a qualche giorno fa, cosa ha comunicato Matera 2019 nel giorno della sua inaugurazione (il 19 gennaio scorso)? Non molto e non proprio cose lusinghiere per essere stata designata CEC 2019, a dire il vero. Una certa delusione è stata esplicitata da alcuni articoli e prese di posizione che hanno fatto molto discutere. Marcello Veneziani sul quotidiano “Il TEMPO” di Roma ha parlato di Matera 2019 e della sua giornata inaugurale come di un “evento-riscatto per il sud a partire dal suo luogo più pittoresco e più arretrato”. In un articolo dal titolo “Matera, capitale del deserto”, Veneziani aggiunge subito dopo: ”Ha un fascino arcaico, Matera, sembra sospesa in un’età magica e preistorica, come un’età della pietra, lo splendore della miseria, il presepe delle origini; ma suona grottesco definirla capitale culturale europea, perché Matera non ha i tratti di una capitale né di un luogo culturale né di un centro europeo”.
Non meno duro il giudizio di Vittorio Sgarbi ancor più puntato sulla inaugurazione del 19 gennaio scorso. Ricalcando sostanzialmente l’argomento di Veneziani su Matera come luogo anche culturalmente arcaico, Sgarbi si dice meravigliato negativamente del fatto che a Matera ci siano state le bande musicali dei paesi lucani quando avrebbe dovuto esserci un concerto inaugurale diretto da Riccardo Muti o una mostra che creasse un collegamento culturale fra Venezia e la Basilicata. Insomma, Sgarbi ha deplorato la prevalenza nella città dei Sassi di una particolarissima concezione della cultura intesa come variante demo-etno-antropologica e tutta localistica, basata sulle bande musicali, sui panini, sugli eventifici, sulle tarantelle e sui peperoni cruschi (cultura o subcultura che trova in Papaleo il simbolo più rappresentativo). Ma Matera va sempre più decisamente anche verso un consumismo turistico ‘mordi e fuggi’ e con effetti “disneyland”; la stessa situazione che portò l’editore barese Laterza a stigmatizzare l’immagine emergente di Matera come quella di una “città delle pizzerie e non delle librerie”. Questo tipo di cultura popolare, arcaica, strapaesana, non locale ma addirittura localistica e tutta basata su differenze demoantropologiche è in contraddizione, fa intendere Sgarbi, con l’idea di cultura universale, espressione della civiltà europea-occidentale; una concezione della cultura, quest’ultima, che è di casa in ogni città progredita dell’Italia, dell’Europa e del mondo occidentale, ma, lascia intendere Sgarbi, non a Matera. Ed io aggiungerei anche; non solo a Matera ma assente quasi totalmente e quasi dappertutto in Basilicata. A Veneziani e Sgarbi si è aggiunta una ulteriore voce critica non basilicatese attraverso le parole del direttore di Telenorba, Magistà. Questo intervento è quello che ha sorpreso di più non solo per le caustiche parole critiche, ma anche e forse soprattutto per il fatto che siano state pronunciate a brutto muso da un noto giornalista barese e si sa che, a Matera, Bari viene considerata un po’ come la città più vicina ed amica. Che ha detto dunque Magistà?
Il direttore di Telenorba ha detto con altre parole le stesse cose di Veneziani e di Sgarbi. Ha detto che i Sassi hanno il loro segreto nella loro immobilità, ferma nel tempo. Citando Sgarbi, Magistà ribadisce che Matera “deve la sua fortuna al fatto che è rimasta immobile, ferma nella sua arretratezza, anche culturale”. E, quindi, egli intuisce anche che è capitale di un tipo molto particolare di cultura, “una cultura antica, arcaica” e che resterà tale “perché se cambiasse, tutti lo capiscono, il business finirebbe ed allora altro che trampolino di lancio per il Sud. Matera è il luogo dove il Sud è atterrato per sempre, per scelta, non per condanna. Matera è il vero Sud, quello che conserverà nei secoli il cromosoma originale”. Questo discorso vale – dice Magistà – per la Matera dei Sassi e delle chiese rupestri (il presepe), mentre la Matera moderna “è una città senz’anima, una non città aggrappata all’antico che però non sa guardare avanti perché non saprebbe dove andare. La sua storia è nei Sassi e lì ha deciso di rimanere”. Magistà ritiene “una sciocchezza” lo slogan retorico propagandato da tutto il ceto dominante basilicatese (non possiamo parlare di classe dirigente lucana, evidentemente) che il 2019, l’anno di Matera, sarà l’anno di rilancio del Sud. “Il Sud non cambierà grazie a Matera e nemmeno Matera cambierà grazie al Sud”. Le infrastrutture non avviate o completate, la mancanza della ferrovia, eterna assente, stanno a testimoniare la fondatezza di questa critica, ma fondate lo sono anche le altre di cui ho riferito. Il mio pensiero in merito? Non lo approfondirò. Non questa volta, almeno, essendo in tutto e per tutto d’accordo con Veneziani, Sgarbi e Magistà.
MARCO TROTTA
Nella foto; Il premier Conte durante l’inaugurazione di Matera 2019 assaggia caciocavalli e burrate.