Ripubblichiamo questo articolo del compianto Raffaele Giura Longo, che, insieme a Tommaso Pedìo (il primo materano ed il secondo potentino), è stato lo storico più importante della Basilicata nel secondo dopoguerra. L’articolo è tratto dal numero di settembre 2006 del periodico ‘Lucania Finanza”, un periodico cartaceo che terminò le pubblicazioni nel 2009. Nel 2006 ci sono state le celebrazioni del Bicentenario di Potenza capoluogo della Basilicata o, come si diceva nel 1806, di Potenza capitale della Provincia di Basilicata.
Nel quadro del programma che l’Amministrazione Comunale ha varato per festeggiare adeguatamente i duecento anni dall’elevazione di Potenza a capoluogo della Basilicata, non poteva mancare con il dovuto rilievo la preparazione di un volume che ripercorresse le principali vicende della storia di questa città. I lavori per la realizzazione del volume sono stati affidati ad un Comitato Scientifico presieduto dal Sindaco e del quale fanno parte, oltre all’autore di queste note, anche Rita Librandi, Antonio Giovannucci, Attilio Maurano, Donato Tamblé e Gerardo Messina; Valeria Verrastro ha coordinato le ricerche delle fonti archivistiche, mentre un gruppo di lavoro, composto da Lucia Restaino, Antonio D’Andria, Luigi Calabrese e Rosa Piro, ha seguito la fase redazionale di allestimento del volume, di revisione dei testi e di selezione dell’apparato iconografico. L’idea progettuale non è stata quella di compilare una vera e propria storia di Potenza, per la quale sarebbe stata necessario un diverso metodo ed una prospettiva anche temporale di più lunga lena. L’occasione del Bicentenario, invece, si è prestata ottimamente per un impegno circoscritto ad un obiettivo specifico ed originale, che è stato individuato nella necessità di ripercorrere la storia di questi duecento anni in relazione agli sforzi gradualmente compiuti dalla nuova città capoluogo per meglio attrezzarsi alle nuove funzioni. E’ stato posto al centro del volume il difficile cammino di Potenza verso la modernizzazione e verso la costruzione di un livello sempre maggiore di unità regionale. Il volume è perciò anche un momento di verifica sui modi, i tempi e la qualità di questa modernizzazione e sull’effettivo superamento o rimozione degli ostacoli che hanno sempre reso arduo il processo di unificazione della regione. I Francesi a Napoli (Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815) attuarono in brevissimo tempo una politica di profonda modernizzazione dello Stato e introdussero nel Regno incisive riforme di carattere generale. Questa notevole forza di rinnovamento espressa nella profonda riorganizzazione della macchina statale può essere efficacemente riassunta anche solo ricordando le seguenti, importanti decisioni; nel 1806 vengono istituiti il Ministero degli Interni (31 marzo) e il Consiglio di Stato (15 maggio); viene emanata la prima legge sul Tavoliere (21 maggio), quella sui banchi privati di Napoli (11 giugno) e sugli “arrendamenti” (21 giugno), mentre il 2 luglio si dà avvio alla vendita dei beni nazionali. Il 2 agosto si promulga la legge eversiva della feudalità ed il 3 agosto si introduce la contribuzione “fondiaria”. L’8 agosto vengono istituite le Intendenze (Prefetture) e viene riordinata tutta l’amministrazione delle province e dei comuni. Nel 1807 vengono definiti i Circondari del Regno (19 gennaio) e viene decretata la quotizzazione dei demani (8 giugno). Nel 1808 (tra il 20 ed il 21 maggio) si riforma l’amministrazione della giustizia e viene introdotto il Codice Napoleonico. Nel 1809 si stabiliscono i collegi elettorali (10 marzo) e nel 1811 viene aggiornata la definizione dei circondari delle 14 province del Regno (4 maggio).
L’elevazione di Potenza a capoluogo, in sostituzione della più decentrata Matera, obbediva a criteri di riorganizzazione territoriale ed amministrativa dell’intera provincia. Il nuovo capoluogo, infatti, era più vicino a Napoli e, quindi, meglio collegato con la Capitale del Regno. Ciò, tra l’altro, rendeva meno periferico, e perciò meglio governabile, l’intero territorio regionale. Ma soprattutto è importante segnalare che al nuovo capoluogo risultavano assegnate, grazie al nuovo ordinamento, funzioni istituzionali diverse e più ampie rispetto a quelle previste nell’antico regime e perciò in Basilicata questo evento veniva a coincidere con il rafforzamento del ruolo e dei compiti della Provincia, intesa come unità amministrativa territoriale, alla quale facevano capo i comuni, anch’essi ora investiti di prerogative più complesse e larghe rispetto al passato. Potenza veniva perciò chiamata a guidare il lungo e difficile percorso che la Basilicata allora intraprendeva per raggiungere livelli sempre più alti di modernizzazione e di unità. Al particolarismo feudale ed al frammentarismo si sarebbe lentamente sostituita – pur nei limiti e con i ritardi propri dell’epoca e del contesto storico-sociale – una coscienza civica chiamata a misurarsi più opportunamente con le sfide imposte dalle trasformazioni sociali, economiche, e politiche dell’età contemporanea ed in grado, in ultima analisi, di ridisegnare anche i caratteri di una nuova e più riconoscibile e consapevole identità regionale. Di quella scelta si avvantaggiò, in primo luogo, la città di Potenza, che, per attrezzarsi in vista dei nuovi compiti assegnatile, crebbe sia dal punto di vista demografico, sia dal punto di vista urbanistico e demografico, sia dal punto di vista della formazione di un più robusto ceto urbano, che poteva ora meglio contare sulla presenza di un gruppo dirigente fornito di competenze tecniche e specifiche, soprattutto nel campo delle libere professioni e della pubblica amministrazione. Questa nuova realtà urbana e provinciale affrontò le sfide successive, che furono talora anche drammatiche (si pensi alla dura lotta contro l’infuriare del brigantaggio; ma anche a terribili eventi naturali, quali i terremoti) e riguardò settori decisivi per l’organizzazione del territorio: dallo sviluppo urbano – spesso disordinato – alla rete stradale e dei trasporti – alla scuola, alla beneficenza, alla cultura, all’economia, alla sanità, alla vita politica ed amministrativa. Molte di queste condizioni furono decisive per la storia della Basilicata, che fu comunque segnata da una fervida e non oscura partecipazione dei lucani prima al processo risorgimentale, culminato nella formazione dello Stato unitario, e poi alle varie fasi delle lotte politiche e sociali che caratterizzarono i momenti della storia nazionale e meridionale più vicina a noi: dalle vicende dello Stato liberale al fascismo, dalla Repubblica allo sviluppo dell’Italia democratica ed alle Regioni.
Da questi assunti progettuali e da questo contesto di carattere generale ha preso via il volume su Potenza capoluogo, che si avvale della collaborazione di oltre sessanta studiosi locali, che hanno risposto positivamente all’invito di misurarsi con noi in tale impresa. Ed essa, proprio per questo, si caratterizza anche come un modo per fotografare e verificare il rapporto tra intellettuali e città, tra istituzioni scientifico-culturali e comunità cittadina e regionale. L’opera si apre con una parte introduttiva dedicata a quelli che possiamo definire i caratteri originali del territorio e della popolazione. Vengono descritti gli aspetti geomorfologici e naturali del luogo in cui sorge Potenza e viene fatto cenno alle dinamiche sociali e culturali della sua storia precedente e delle sue tradizioni. Segue poi un capitolo nel quale vengono richiamati in estrema sintesi gli avvenimenti storici principali della città in questi duecento anni, con gli opportuni riferimenti al contesto regionale. La parte più corposa del volume è tuttavia quella dedicata appunto al “Lungo cammino della modernizzazione e dell’unità regionale”. Essa prende in esame i vari aspetti della vita amministrativa, culturale, religiosa, economica e sociale della città, così come essa si è andata trasformando dal 1806 ad oggi. Il taglio complessivo che abbiamo voluto dare a questo volume ci consente di ambire a due risultati; il primo è quello di offrire uno strumento ulteriore di conoscenza della città. Il secondo è quello di fornire a tutti i cittadini un prodotto editoriale che può ben figurare negli scaffali di ogni famiglia.
RAFFAELE GIURA LONGO