Si è detto, nel mio studio pubblicato qualche settimana fa su questa rivista, delle tracce di Secession Style allo Skinny Reale. A me queste tracce sembrano piuttosto esili. La vera suggestione viennese in quell’enigmatico e bel palazzo sono le bow windows, il ferro sulle finestre (che poi ferro veramente non è, mi riferiva Roberto Pontolillo). Nello stesso tempo, il palazzo è di un neoclassicismo sobrio, per quanto monumentale, con i balconi ‘strani’ (torinesi) a valle. Tutto bianco ed anche questo elemento richiama subito alla mente una affinità con Vienna, che dai romani era definita la ‘città bianca’; questo è il significato di Vindobona, la colonia romana da cui si sviluppò Vienna. La prima volta che capitai a Vienna l’elemento che mi colpì maggiormente ed immediatamente fu proprio il bianco generalizzato dei suoi palazzi. Ma è nel puntale dello Skinny Reale che si addensa l’enigma. Più Art Déco che Secession o Jugendstil, ma, se vogliamo dirla proprio tutta, nei miei giri virtuali per l’architettura planetaria, sarebbe bastato rimanere a Vienna per trovare quel ferro su vetro, che è il modernismo architettonico più promettente in quanto protomodernità allo stato puro nonché porta girevole dal neoclassicismo sette-ottocentesco al modernismo novecentesco. Avevo fatto già uno dei pochissimi paragoni possibili con il napoletano Palazzo Avena, ma c’è un altro esempio che mi ha colpito. E ci sono arrivato per caso. A Michaelerplatz (Vienna) c’è la Looshaus ed infatti ho parlato di questo celebre edificio proprio come riferimento per lo Skinny Reale. C’è da dire che non basta dire Vienna di fine 1800 ed inizio 1900 per spiegare una stagione irripetibile per la cultura europea e mondiale. Vienna da quel punto di vista non era poi tanto omogenea, come una certa pubblicistica tendente al ‘mito asburgico’ (Claudio Magris) ha decretato. Tra la Looshaus e lo Steinhof (che è la chiesa progettata da Otto Wagner e che ispira anche il titolo di un libro di Massimo Cacciari, usato dal filosofo veneziano più che altro come metafora per una analisi della situazione culturale della Vienna Felix ai tempi della Bella Epoque), in realtà, c’è un abisso. E’ l’abisso del decorativismo tipicamente Secession o Wiener Jugendstil. Non c’è bisogno di dilungarsi tanto per provarlo. Basta non solo la nuda franchezza della Looshaus, contrapposta al decorativismo bizantineggiante della Kirche am Steinhof, ma bastano anche le polemiche che seguirono al capolavoro di Adolf Loos negli ambienti più conservatori vicini alla corte di Franz Joseph, il grande padre dell’Impero austroungarico. Basta già il titolo del libro di Loos e basta anche solo una rapida lettura di ‘Ornamento e Delitto’ (Ornament und Verbrechen) per capirlo immediatamente. Dicevo che nel mio studio sullo Skinny Reale mi è risultato veramente ostico trovare delle cose antecedenti che mi facessero pensare ad una affinità con le finestre del nostro bel palazzo a Potenza. Dicevo della viennese Michaelerplatz e della sua Looshaus. Solo con qualche mese di ritardo mi sono accorto, del tutto casualmente, di aver trovato uno di quei rari antecedenti e l’ho trovato dove meno potevo immaginare di trovarli. Il che è un doppio paradosso se dico che per trovarli non mi sono mosso (virtualmente) affatto dalla piazza viennese. La Michaelerplatz è anche la piazza del Palazzo dell’Hofburg. Non so quanto di soggettivo c’è in ciò che sto per dire ma sono le finestre dell’Hofburg a darmi incredibilmente (per tanti motivi dico ‘incredibilmente’) la stessa emozione ‘estetica’ delle finestre del nostro Skinny Reale. Azzardo una ipotesi che mi riservo di verificare; essendo l’Hofburg antichissimo e rifatto nei secoli, quelle finestre devono essere il frutto delle ristrutturazioni ultime, tra fine 1800 e inizio 1900. Un’altra pista colma di suggestioni credo si possa trovare nella zona piacentiniana di Potenza; il mezzo quartiere nord di Santa Maria. Ho letto da qualche parte, tempo fa, che il complesso di Piacentini fu ispirato dalla Secession viennese. Mi sembra un riferimento molto vago e senza spiegazioni. Non lo escludo ma nemmeno mi sembra così evidente. Potrebbe anche essere che nei padiglioni di Santa Maria Marcello Piacentini anticipasse lo stile che sarà poi la sua cifra estetica specifica, sarebbe a dire il ‘neoclassicismo semplificato’. Bisognerebbe indagare a fondo sul rapporto fra colui che per mezzo secolo fu il più grande architetto italiano e la Secession Viennese. Comincio subito col dire che lo Steinhof con la sua annessa Kirche am Steinhof era proprio, guarda la coincidenza, un ospedale psichiatrico. Non solo; lo Steinhof fu concepito come ospedale psichiatrico d’avanguardia. Il complesso ospedaliero fu distrutto dalle truppe sovietiche nel 1945 per motivi che non è qui il caso di riportare. La chiesa fu fatta costruire per il complesso ospedaliero-psichiatrico omonimo. Otto Wagner vince il concorso riguardante la realizzazione di un ospedale psichiatrico nel 1902, ma, nonostante la vittoria, gli fu commissionata solo la costruzione della chiesa di San Leopoldo (la Kirche, appunto), che fa parte del complesso ospedaliero. Sono gli stessi anni in cui la Provincia di Potenza decide di costruire il suo ospedale psichiatrico, cosa che poteva accadere solo a Potenza in quanto una legge nazionale stabiliva che ne dovesse sorgere uno per ogni provincia. Un altro elemento che avvicina l’esperienza piacentiniana a Potenza e lo Steinhof viennese è la concezione dell’ospedale inserito in una Città Giardino. Infatti, Santa Maria, ma sicuramente il mezzo quartiere investito dall’opera di Piacentini, era stata programmata proprio come Città Giardino. Il complesso di Piacentini e Quaroni è considerato ancora oggi come uno dei tentativi più interessanti a livello europeo di edilizia artistica psichiatrica. Per tornare al focus di questo intervento, c’è da aggiungere che, nonostante una breve adesione giovanile di Piacentini alla Secession, non mi pare, anche in questo caso, di riscontrare segni che non siano esili. E, caso mai, varrà la pena di approfondire maggiormente questo rapporto. Dove Piacentini, che si laurea nel 1904, sperimentò la sua adesione ai modelli Secession? Ci sono solo tre luoghi dove ciò può essere accaduto. A Potenza (1906)? A Roma (a Roma nel 1915 infatti ci fu il caso del Cinema Corso)? O a Bergamo (1906)? E’ una questione che lascio aperta.
PINO A. QUARTANA
- Foto di copertina; uno dei padiglioni della Potenza di Piacentini, attualmente sede della Pinacoteca provinciale:
- Lo Skinny Reale a Potenza;
- La Looshaus a Vienna;
- Lo Steinhof a Vienna o più precisamente la Kirche am Steinhof;
- Le finestre dell’Hofburg;
- La copertina del libro di Massimo Cacciari dal titolo ‘Dallo Steinhof’;
- Zona piacentiniana di Potenza (Santa Maria).