Non sono molti gli studi fin qui dedicati al maggiore pittore potentino del XVI secolo, Antonio Stabile. La sua riscoperta, come è noto, si deve ad Anna Grelle Iusco nelle pagine del suo fondamentale catalogo Arte in Basilicata del 1981, ristampato nel 2001 con cospicue note di aggiornamento. 1
In mezzo a queste due date si collocano alcune importanti puntualizzazioni di Nuccia Barbone Pugliese, di Pierluigi Leone de Castris 2 e l’agile monografia di Antonella Miraglia 3.
Per la formazione dell’artista centrale fu il rapporto con Leonardo Grazia da Pistoia, di cui Antonio dovette frequentare la bottega a Napoli, verosimilmente negli anni cinquanta del Cinquecento, come chi scrive, sulla scia di precedenti studi, di recente ha provato ad argomentare 4.
In ogni caso, pur volendo negare un rapporto di discepolato tout court, Stabile studiò a fondo la produzione pittorica napoletana e lucana del maestro pistoiese, come dimostra ad esempio l’ispirazione alla figura del Precursore nel trittico del toscano nella Cattedrale di Tricarico in uno dei pannelli dell’impressionante Pietà e santi (1569) nella chiesa della Trinità di Tramutola (PZ) 5.
Il lavoro appena menzionato, il più antico fin qui conosciuto ancorabile a una cronologia certa, già palesa la definizione di uno stile riconoscibile, le cui radici affondano nel contesto napoletano di metà secolo 6. Non è ancora chiaro se Antonio, destinato ad avere un’ampia affermazione nei decenni finali del secolo, in Lucania, nella Puglia murgiatica e in alcune località del Salernitano, fosse in rapporti di parentela con quel Girolamo Stabile che lasciò la sua firma su un’ancona della cappella di San Rocco a Formia 7.
Risulta altamente plausibile che egli avesse collaborato alle opere estreme del Pistoia e realizzato in proprio, o, ancora una volta, accanto al maestro, la Crocifissione appartenuta alla Santa Casa dell’Annunziata, tavola in cui, assieme alla vicinanza al Grazia, si avvertono persino suggestioni da Roviale Spagnolo e dall’esordiente Giovan Bernardo Lama 8.
La semplificazione delle forme, assunte da moduli disegnativi dell’artista toscano, e l’aspetto intensamente devozionale connotano pure il polittico della chiesa di Sant’Antonio di Padova a Salandra (MT) (fig. 1), il quale – lo tramanda un documento notarile riemerso da poco – venne commissionato a Costantino Stabile, fratello di Antonio, a Napoli il 27 ottobre del 1568 da don Francesco Revertera 9.
Illustre esponente di una famiglia di origine iberica, il Revertera (dal 1532 uno dei presidenti della Sommaria e dal 1547 suo luogotenente), barone di Salandra dal 1541 e fondatore del convento dei minori osservanti, all’epoca dedicato a San Francesco 10, ricopriva in quell’anno l’incarico di reggente della Cancelleria, come si legge espressamente nel rogito su menzionato 11.
Il documento descrive l’iconografia dell’insieme pittorico tuttora campeggiante sul maggiore altare della chiesa, raffigurante l’Immacolata al centro (fig. 2), i santi Francesco d’Assisi e Chiara ai lati, la Trinità e l’Annunciazione in alto e i dodici Apostoli nella predella. L’atto notarile specifica che l’opera doveva essere dipinta anche dal fratello Antonio, nella città di Potenza, e che le tavole sarebbero state accolte da una cornice lignea «con le colonne intagliate et indorate» 12.
L’omogeneità stilistica del polittico rende arduo distinguere l’apporto dei due pittori. Non è da escludere però che nei lavori di collaborazione di particolare impegno, il ruolo di Costantino fosse marginale, forse prevalentemente organizzativo. Il complesso in esame difatti è in linea con altri prodotti correntemente riferiti ad Antonio Stabile e rivela una qualità superiore rispetto alla modesta Dormitio Virginis in San Sebastiano a Spinazzola (BA) (1584-85), l’unica opera riconducibile con sicurezza al solo Costantino 13.
Peraltro l’immagine della Vergine di Salandra è confrontabile con l’Immacolata esposta nella chiesa dei Santi Severino e Sossio di Napoli (fig. 3),
per la quale Antonio ottenne pagamenti da Livia e Lutio Pignatelli nel 1588 14. Non è stato fin qui mai osservato che tale formula compositiva, con la Madonna entro una mandorla di nubi, sormontata dall’Eterno e circondata dai simboli delle litanie lauretane, discende dall’incisione inserita nel Memoriale effigiatum librorum prophetiarum seu visionum B. Brigidae, stampato a Roma nel 1556 (fig. 4), presa a modello da numerosi pittori dell’epoca 15.
L’indicazione cronologica si rivela preziosa anche per la datazione della pala con l’Immacolata tra i santi Francesco d’Assisi e Rocco in Santa Maria del Sepolcro a Potenza, una tavola ben nota allo Stabile, attribuita a Leonardo da Pistoia (o alla sua cerchia) (fig. 5) 16.
Rispetto alla più sobria soluzione di Salandra il quadro napoletano si arricchisce dei due mezzi busti dei santi Benedetto e Francesco d’Assisi in basso e di molte figure di angeli, rinvianti a Decio Tramontano.
Da Gennaro Aspreno Galante si apprende che l’artista lucano aveva realizzato una pala con la Vergine tra i santi Antonio di Padova ed Elisabetta nella chiesa partenopea di San Francesco delle Monache, andata perduta 17. Tali testimonianze, congiunte ad alcuni documenti del 1588-89 inerenti alla realizzazione per il principe Giulio Cesare di Capua di un Cristo portacroce, una Santa Caterina e una Maddalena, di cui non v’è traccia, certificano dunque un soggiorno napoletano del pittore 18. Malgrado le sue modeste capacità espressive, stupisce come Antonio fosse riuscito a ottenere, nella capitale, commissioni da famiglie titolate.
I documenti sui perduti quadri per i di Capua consentono di stabilire che il pittore fu impegnato anche nella produzione di opere di devozione privata. Nella fototeca Zeri, nella cartella dei dipinti attribuiti a Leonardo da Pistoia, è conservata la riproduzione di una tela con la Madonna, il Bambino e san Giovannino (cm 80×65.5, collezione privata) senz’altro riferibile all’artista lucano (fig. 6) 19. Non è difficile infatti scorgervi la medesima composizione che compare nella Madonna col Bambino e san Giovannino del trittico in Sant’Antonio a Oppido Lucano (fig. 7) e in una lunetta nella chiesa di Sant’Antonio a Salandra 20.
Il gruppo della Vergine col Bambino è derivato, in controparte, dal nucleo centrale della Presentazione al Tempio di Monteoliveto del Pistoia. Un testo pittorico studiato con passione da Antonio durante il suo probabile alunnato presso il Grazia, come dimostra anche la citazione estesa che ne fece in uno dei quindici misteri incastonati nella cona del Rosario della Cattedrale di Acerenza (1583). Oltretutto, negli scomparti acheruntini Stabile rese omaggio al suo antico maestro pure nelle rielaborazioni della Natività in San Francesco a Potenza 21 e della tavola col Redentore (nella Disputa di Gesù nel Tempio), donata nel 1560, all’indomani della morte di Giovan Francesco Carafa, ai gesuiti, i quali la esposero prima nel Gesù Vecchio, poi nella Casa professa di Napoli 22.
Questi continui prelievi da testi pittorici autorevoli se da un lato sono sintomatici della limitata inventiva dello Stabile dall’altro mostrano come, per ragioni connesse al controllo sulle opere da esporre nelle chiese in epoca di Controriforma, l’artista preferisse ricorrere a modelli di prestigio, apprezzati dalle autorità religiose.
Il suo fu sicuramente un repertorio esiguo, fatto di continue autocitazioni. Lo dichiara ad esempio l’inedita e assai danneggiata replica su tavola dell’Immacolata napoletana, sfrondata dei santi in basso, appartenente alla chiesa di Santa Maria dei Greci a Caggiano (SA) (fig. 8) 23.
Alla bottega degli Stabile è ascrivibile anche la tela con l’Immacolata esposta nella grotta di San Michele Arcangelo a Sant’Angelo a Fasanella (SA) (fig. 9), nell’area degli Alburni (cm 233×160). Un’opera che, forse dipinta nel nono decennio, pur riproponendo la consueta tipologia delle Immacolate di Salandra, Napoli e Caggiano (figg. 2-3, 8), appare questa volta una copia molto fedele, salvo l’aggiunta del drago infernale ai piedi di Maria, della tela in San Francesco a Matera, accostata a Costantino Stabile da Anna Grelle Iusco (fig. 10) 24.
E che la nuova composizione di Sant’Angelo a Fasanella spetti a Costantino sembra essere suggerito in particolare dal modo schematico in cui è reso il panneggio e dagli occhi grandi della Vergine, tipici delle opere restituite fin qui al pittore.
Con molta verosimiglianza nel corso degli anni Ottanta dalla bottega potentina degli Stabile uscì pure la notevole Madonna del Rosario con i santi Domenico e Tommaso d’Aquino collocata sull’altare del cappellone a sinistra nel transetto di Santa Maria Maggiore a Teggiano (SA) (fig. 11),
tempio elevato a dignità di cattedrale della diocesi di Capaccio nel 1586 da monsignor Lelio Morello 25. La tela (cm 242×165), con ogni probabilità commissionata dalla locale confraternita del Rosario 26, appare simile alla cona già citata della Cattedrale di Acerenza (1583), ma a uno scrutinio più approfondito si scopre che il nuovo dipinto, pienamente attribuibile ad Antonio Stabile, altro non è che una replica della porzione centrale della pala rosariana allogata ai due fratelli nel 1576 per la chiesa di San Michele a Potenza (fig. 12) 27.
Qui però il pittore, adoperando un riquadro ovale, associa alla consueta iconografia ulteriori elementi, come il Cristo Risorto innestato sul baldacchino affiancato da due angioletti, recanti corone del Rosario.
Il rapporto tra Teggiano e la Lucania in questo medesimo periodo è ribadito dalla tela con la Circoncisione collocata nello stesso edificio religioso, nel cappellone del transetto, a destra (fig. 13).
Si tratta di un’opera da assegnare a un artefice formatosi a contatto con gli Stabile. L’asprezza e il carattere più spigoloso delle forme e l’articolazione faticosa delle figure rinviano difatti al linguaggio ruvido del mediocre Orazio Iacobotta, il quale firmò una pala nella chiesa della Trinità di Buonabitacolo (SA), per la famiglia Abbatemarco, e fu attivo anche a Minervino e ad Acerenza 28. Tangenze ancora maggiori si scorgono però con l’ignoto pittore della Deposizione nella matrice di Pisticci (1610) 29.
In conclusione, le opere discusse in questo contributo raccontano di legami fin qui mai evidenziati tra Napoli e la Lucania, considerando afferenti a quest’ultima pure il Cilento e il Vallo di Diano (ovvero l’antica Lucania occidentale), contesti territoriali che, come nelle fasi più antiche e in anni immediatamente successivi – quelli di Pietrantonio Ferro, autore della Madonna del Rosario nella chiesa dei Santi Matteo e Margherita a Sicignano degli Alburni 30 e di Giovanni di Gregorio, detto il Pietrafesa, attivo a Piaggine, Vallo della Lucania, Polla, Sala Consilina, Castelcivita 31 –, mostrano un’affinità culturale col Potentino piuttosto spiccata. Tale vicinanza, al di là dei confini delle circoscrizioni territoriali definitisi nel corso del Medioevo, è un dato non trascurabile per la Storia dell’Arte. 32
STEFANO DE MIERI
1 Arte in Basilicata, a cura di A. Grelle Iusco, ristampa anastatica dell’edizione del 1981 con Note di aggiornamento di A. Grelle Iusco e S. Iusco, Roma 2001, pp. 94-103, 295-300.
2 N. Barbone Pugliese, Contributo alla conoscenza degli Stabile, in «Bollettino della Biblioteca Provinciale di Matera», V, 1984, 8, pp. 69-78; P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento nell’Italia meridionale, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 488; Idem, Stabile, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 846; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, p. 95.
3 A. Miraglia, Antonio Stabile. Un pittore lucano nell’età della Controriforma, Potenza 1992.
4 Leonardo da Pistoia, Antonio e Costantino Stabile tra Napoli e la Lucania, in Ritorno al Cilento. Saggi di storia dell’arte, a cura di F. Abbate e A. Ricco, Foggia 2017, pp. 60-66. Il presente scritto è desunto parzialmente da questo studio.
5 Riferito a Stabile da Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit., p. 94. Sul polittico cfr. la scheda di A. Basile, in Restauri in Basilicata 1988-1993, catalogo della mostra (Matera, Palazzo Lanfranchi, gennaio-febbraio 1995), Matera 1995, pp. 42-47, scheda 12. Ancora più stringente appare la derivazione nel Battista del polittico in Sant’Antonio a Oppido Lucano (sul quale cfr. Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 17, 45, 115). L’opera di Tricarico di Leonardo da Pistoia a cui si fa riferimento è il trittico raffigurante i Santi Giovanni Battista, Zaccaria ed Elisabetta (1550), oggetto di un contributo specifico in via di completamento (Leonardo da Pistoia intorno al 1550).
6 A una formazione potentina, collegata a un’ipotetica permanenza in loco del Grazia negli anni Cinquanta, forse anche come collaboratore ai suoi lavori più avanzati, pensa Leone de Castris, Stabile, cit., p. 846; seguito in parte da Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 26-29. Si veda pure Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli, cit., p. 95.
7 Girolamo Stabile è citato tra i consoli dell’arte dei pittori nella causa Negroni-Mastrogiudice (1544-45): A. Borzelli, Un quadro di Pietro de Nigrone nella chiesa di S. Agnello a Caponapoli, Napoli 1907, pp. 15-16 (col rinvio a un altro documento del 1517 pubblicato da Gaetano Filangieri). Sul polittico di Formia cfr. Barbone Pugliese, Contributo alla conoscenza degli Stabile, cit., p. 75; Leone de Castris, Stabile, cit., p. 846; Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 27-28.
8 Leone de Castris, Stabile, cit., p. 846; Idem, in Castel Nuovo. Il Museo Civico, a cura di P. Leone de Castris, Napoli 1990, p. 140, scheda 19; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli, cit., p. 95. Si veda anche il parere differente di Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit. (2001), p. 297.
9 Cfr. De Mieri, Leonardo da Pistoia, Antonio e Costantino Stabile, cit., p. 63.
10 B. da Laurenzana, Croniche della riforma di Basilicata, Napoli 1683, pp. 228-232 (citato da Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 21, 117).
11 Su di lui cfr. R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo. La Camera della Sommaria e il Repertorium alphabeticum solutionum fiscalium Regni Siciliae Cisfretanae, Firenze 2012, pp. 131-132, 513.
12 Sui plinti delle colonne laterali dell’incorniciatura è dipinto lo stemma del committente (Miraglia, Antonio Stabile, cit., p. 117). I due pittori avevano bottega in comune a Potenza almeno dal 1566 (ivi, p. 37).
13 Barbone Pugliese, Contributo alla conoscenza degli Stabile, cit., pp. 69-78. Si rinvia allo stesso articolo per altre opere a lui riferibili. In generale, su una distinzione tra i due Stabile cfr. Miraglia, Antonio Stabile, cit.; Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit. (2001), pp. 297-299; R. Villani, La pittura in Basilicata dal Manierismo all’Età Moderna, Potenza 2000, pp. 67-92.
14 S. De Mieri, Una cona del Rosario, ed altro, per la prima attività di Carlo Sellitto, in Percorsi di conoscenza e tutela. Studi in onore di Michele D’Elia, a cura di F. Abbate, Napoli 2008, p. 209, nota 3; Idem, Leonardo da Pistoia, Antonio e Costantino Stabile, cit., p. 63. Dalle polizze fin qui emerse si evince che la cappella era di proprietà di Sigismondo Clodinio, figlio di Livia Pignatelli e di Stanislao Clodinio, quest’ultimo ambasciatore del re di Polonia a Napoli (C. de Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli 1654-71, II, pp. 146, 163). Il dipinto è citato da C. Celano, Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, III, Napoli 1692, p. 218, ed. cons. in www.memofonte.it e da B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 1742-45, ed. commentata a cura di F. Sricchia Santoro e A. Zezza, Napoli 2003-14, I, p. 861 come opera di «Antonio Sensibile». È nella II parte della Descrizione della città di Napoli e delle sue vicinanze, divisa in XXX giornate, a cura di G. Nobile, Napoli 1855-57, p. 1073 che si rileva: «La cappella seguente è tutta vestita di voti offerti ad una miracolosa immagine della santissima Vergine Immacolata, rappresentata sul quadro dell’altare da Antonio Stabile da Potenza nel 1582, come vi si legge di sopra». Si vedano inoltre G.A. Galante, Guida sacra della città di Napoli, Napoli 1872, ed. cons. a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, p. 135 e R. Pica, L’armonia dell’arte col domma dell’Immacolata in San Severino e Sosio de’ reverendi padri benedettini cassinesi di Napoli, Napoli 1888, pp. 16-26, 43. Altri documenti sulla cona relativi a Nunzio Ferraro e ai doratori Pietro Giovanni Testa e Giovan Battista Basso Cappello sono stati pubblicati da S. De Mieri, Lorenzo Duca, Teodoro de Voghel e le tarsie degli armadi della Certosa di San Martino a Napoli, in «Prospettiva», 139-140, 2010, p. 166 e da A. Pinto, Raccolta notizie per la storia, arte, architettura di Napoli e contorni, parte I: Artisti e artigiani, in www.fedoa.unina.it 2016, ad indicem. La pala è menzionata pure da R. De Maio, Pittura e controriforma a Napoli, Roma-Bari 1983, p. 183, il quale accenna alla profonda devozione dell’immagine a partire dalla peste del 1656. È a questo intenso culto che si collegano alcune stampe popolari del sec. XIX riproducenti l’opera (cfr. la scheda S/I 1500408805, Sant’Agnello, Chiesa della Natività di Maria).
15 Si veda ad esempio la pala delle Cappuccinelle a Cosenza dipinta da Pietro Negroni: M. Panarello, L’Immacolata in Calabria nella pittura e nella scultura dalla fine del Cinquecento agli inizi dell’Ottocento, in L’Immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, a cura di A. Anselmi, Roma 2008, p. 21.
16 Cfr. P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento, cit., p. 488; Idem, Stabile, cit., p. 846; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli, cit., p. 95; R. Villani, La pittura in Basilicata, cit., pp. 44-47 (con altra bibliografia).
17 Galante, Guida sacra, cit., p. 85.
18 De Mieri, Una cona del Rosario, cit., p. 210, nota 4; Pinto, Raccolta notizie, cit., ad indicem.
19 Fototeca Zeri, n. 37719, b. 0411.
20 Per queste opere di confronto: Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 38, 40, 45, 51, 111, 114; Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit. (2001), pp. 99-100, 298-299.
21 Sulle citazioni dal Grazia si veda A. Grelle Iusco, Presentazione, in Antonio Stabile, cit., p. VIII.
22 Per questa tavola cfr. P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento a Napoli, cit., pp. 88, 129, nota 22; A. Zezza, Precisazioni per Marco Pino al Gesù Vecchio. Documenti e ipotesi per il soggiorno meridionale dell’artista senese, in «Dialoghi di Storia dell’Arte», 1, 1995, p. 121, nota 10; P. Leone de.Castris, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte. Dipinti dal XIII al XVI secolo. Le collezioni borboniche e post-unitarie, Napoli 1999, pp. 165-166, scheda 148.
23 Sul dipinto si veda la scheda OA/I 1500662543, in cui il rifacimento tardo settecentesco è ascritto a Nicola Peccheneda.
24 Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit. (2001), p. 299. Il dipinto di Sant’Angelo a Fasanella è descritto senza attribuzione da L.G. Kalby, Il feudo di Sant’Angelo a Fasanella, Salerno 1991, pp. 98-99, 107 (si veda pure, per il restauro, alle pp. 413-414) e in Sant’Angelo a Fasanella. Patrimonio mondiale dell’Unesco, guida storico turistica, a cura di A. d’Agnes, Sant’Angelo a Fasanella 2001, pp. 38, 47.
25 P. Ebner, Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, Roma 1982, I, p. 365; A. Didier, Storia di Teggiano, Battipaglia 2010, pp. 49-50; M. Ambrogi, La città delle cinquanta chiese. Itinerario tra la storia e l’arte del patrimonio religioso di Teggiano, Quaderni del Museo Diocesano di San Pietro – 2, Teggiano 2010, p. 67. In quest’ultimo testo compare un fugace riferimento alla Madonna del Rosario e alla Circoncisione (p. 97). Dello stesso autore cfr. la scheda in Imago Mariæ. L’iconografia mariana e dei Misteri del Rosario. Fede, storia e arte nella Diocesi di Teggiano- Policastro. In occasione del restauro della pala di Giovanni Luca De Luca, Quaderni del Museo Diocesano – 4, a cura di M. Ambrogi, Teggiano 2014, pp. 74-75 (ignoto «pittore lucano del primo quarto del XVII secolo»).
26 Negli apprezzi del 1636 e del 1698 vi è una menzione delle cone del Rosario e della Circoncisione: A. Didier, Diano. Città antica e nobile (Documenti per la storia di Teggiano), Teggiano 1997, pp. 104-105; Idem, Storia di Teggiano, cit., p. 223. Gli altari del Rosario («con sedili fissi per confratelli») e della Circoncisione sono ricordati pure nelle sante visite di monsignor Francesco Paolo Nicolai del 1708 e del 1715 e in quella del «reverendo Salomone» del 1728: Ebner, Chiesa, baroni, cit., II, pp. 645, 647, 649.
27 Miraglia, Antonio Stabile, cit., pp. 63-67, 105-106, 115.
28 V. Bracco, La pala Abbatemarco di Buonabitacolo, in «Euresis», X, 1994, pp. 17-28; Grelle Iusco, in Arte in Basilicata, cit. (2001), p. 300.
29 Purtroppo il dipinto reca una firma in gran parte illeggibile: A. Altavilla, in Restauri in Basilicata 1993-1997, catalogo della mostra (Matera, Palazzo Lanfranchi, 4 aprile-30 maggio 1998), Matera 1998, pp. 65-68.
30 Cfr. scheda OA/I 1500661897, con l’erronea attribuzione a Giovan Bernardino Azzolino; M. Ambrogi, in Imago Mariæ, cit., pp. 72-73 («Pittore della 1a metà del XVII sec.»). Al Ferro Francesco Abbate ha restituito alcuni affreschi che ornano la chiesa di Sant’Antonio a Polla (F. Abbate, Polla, in Storia del Vallo di Diano, IV, La cultura artistica, Salerno 2004, pp. 226-227).
31 Per un catalogo ampliato del satrianese si legga S. De Mieri, Imperato e Santafede: due protagonisti a confronto, Napoli 2015, p. 60. Al pittore va inoltre restituito il bel San Vito in San Luca Abate a Carbone (PZ), olio su tela (cm 57×45): scheda OA/C 1700126741.
32 L’unità culturale delle aree geografiche in argomento è stata più volte evidenziata da Francesco Abbate. Si veda in particolare F. Abbate, L’Antica Diocesi di Capaccio: geografia, storia, produzione artistica. Proposte di lettura, in Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica Diocesi di Capaccio, catalogo della mostra (Padula, 1990), Napoli 1990, pp. 13-29.
Elenco delle didascalie immagini:
Foto di copertina; Antonio Stabile, Madonna del Rosario, Chiesa di San Michele – Potenza.