LO STRANO DERBY DI UNA STRANA CITTA’

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L’articolo che ripubblichiamo nella sezione ‘Reprint’ uscì nel novembre 2002 su un periodico trimestrale cartaceo che si occupava di economia lucana (“Lucania Finanza”). In un momento in cui il calcio a Potenza torna ad essere importante e ad essere uno dei simboli più condivisi e sentiti della identità potentina, è interessante ripescare e riproporre questo articolo, che parla di una situazione abbastanza inedita e strana per Potenza e per il calcio potentino, che rievoca una storia che pure toccava il rapporto fra calcio ed identità cittadina, ma che lo toccava da un punto di vista molto particolare, Una storia che non si è più ripetuta da allora.

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Potenza è da pochi mesi protagonista di uno strano fenomeno cui finora si è dato, forse, ancora troppo poco risalto; è successo che ora la città ha due squadre di calcio nello stesso campionato, anzi nello stesso girone. In serie D. Ed è stato giocato anche il primo derby stracittadino della sua storia, fatto che ha suscitato in città ed anche fuori città le reazioni più disparate e sorprendenti. Potenza, a ben vedere, è una città di un certo interesse per lo storico ed il sociologo del calcio essendo stata già in passato all’avanguardia, nel bene nel male. Innanzitutto, quando Ascoli, Casteldisangro, Avellino, non avevano ancora portato il fenomeno delle piccole città del centro sud nel grande calcio, Potenza, esattamente agli inizi degli anni Sessanta del secolo ormai scorso, suscitava già curiosità, ammirazione e simpatia in tutta Italia con il Potenza-miracolo degli Agroppi, dei Boninsegna e dei Bercellino II, dell’attacco-raffica. Però, dal 1994, Potenza è anche, purtroppo, la città che ha avuto il club calcistico fallito per due volte e che negli anni scorsi è stasi o l’unica a non risollevarsi verso almeno un campionato maggiore,almeno verso la C2. Anzi, poco è mancato  che non fallisse anche la terza volta. Ora Potenza torna per la terza volta alla ribalta calcistica nazionale per essere la città con la quinta stracittadina, con il quinto derby calcistico d’Italia e per essere la sesta città italiana con due squadre di calcio nei campionati nazionali. Una novità assoluta ed imprevista questo derby calcistico di Potenza tra i professionisti (la D di fatto lo e già), ma anche una sensazione irreale alla quale nessuno si è ancora abituato. La vicenda è interessante per molti aspetti che esulano dal discorso del calcio in senso stretto ed investono la struttura stessa della capoluogo della Basilicata. C’è da considerare innanzitutto il contesto economico-sociale in cui la stracittadina di Potenza nasce. L’anno scorso la squadra del F.C. Potenza, che già militava in serie D, ha passato momenti brutti. Il rischio di sparire ancora una volta dalla mappa calcistica è stato concreto. Ancora una volta, emergeva un quadro desolante fatto di istituzioni sorde all’appello dei dirigenti della società di calcio, di imprenditori sempre indisponibili all’entrata in società. Si diceva sempre che a Potenza non c’erano soldi per mantenere una società di calcio, neppure ai livelli quasi umilianti per Potenza della serie D (ma, in realtà, di una serie E, dal momento che la Categoria Dilettanti non è più il quarto campionato nazionale,ma il quinto, a meno che, come sembra, non si ritorni ad un unico campionato di serie C con l’eliminazione della C2). Successivamente, per salvare il calcio in città si è tentato da più parti, ma senza successo, di far fondere le due società. La fusione, forse, avrebbe rafforzato ulteriormente le chances di promozione in C2, ma il fatto che verso questa ipotesi non si sia manifestata mai veramente la convinta volontà delle due società di calcio  lascia da pensare; è più prestigioso per questa città avere il derby in serie D, entrare nel ristrettissimo novero delle città che possono vantare due squadre di pari livello in uno stesso campionato professionistico (o quasi professionistico) e quindi un derby (in serie D) oppure avere una squadra sola, ma in serie C2 o, meglio ancora, una sola squadra che sia in grado di riprendersi il posto che, secondo noi e secondo la quasi totalità, dei tifosi potentini, spetta al calcio potentino e cioè la C1 (ed anche una C1 di vertice)? Questa domanda ne chiama subito un’altra; è più facile mantenere economicamente due squadre di serie D o una sola di serie C2 o di C1?

Città strana, indefinibile, Potenza, anche sotto questo aspetto, puramente economico della vicenda calcio. Se solo un anno fa la città non era in grado di fornire risorse finanziarie nemmeno più per mantenere una sola squadra (nemmeno in serie D) com’è allora che col nuovo campionato ce ne troviamo addirittura due? Ci sono i soldi in questa città o non ci sono? E’ una città veramente così povera Potenza oppure una città che i soldi se li nasconde bene e se li tiene ben stretti fingendo sempre di piangere miseria? Altra curiosità destinata, forse, a restare per sempre insoddisfatta. In secondo luogo, c’è un aspetto squisitamente psicologico-sociologico di questa curiosa situazione calcistica. Vediamo, innanzitutto, quanti derby ci sono in Italia e quante città hanno due squadre nei campionati nazionali di calcio (dalla serie A fino alla serie Dilettanti, che, in realtà, non è il primo torneo dei dilettanti ma l’ultimo dei professionisti). Ci sono Milano, Torino, Roma, Genova e Verona, per quel che ne sappiamo (ci sarebbe anche Venezia, ma solo se siamo disposti a considerare Venezia e Mestre come una sola cosa, come una stessa città, ma, in realtà, non è così). Fino a qualche anno fa c’era anche Catania (Catania e Massiminiana) che per qualche anno ne aveva due, prima in  C2 e poi in C1, ma adesso ne ha una sola e Firenze, Fiorentina e Rondinella, ma non ci fu mai un derby e poi oggi è sparita anche la Fiorentina (nel campionato 2002-2003 in seguito al fallimento della Fiorentina il capoluogo toscano fu rappresentato nel calcio nazionale da una squadra che disputò il campionato di serie C2, la Florentia Viola nota di redazione). Giusto per la statistica, al momento attuale Giusto per la statistica, al momento attuale, Potenza è la quinta città d’Italia ad avere la stracittadina e la sesta ad avere due squadre nei campionati nazionali. Un piccolo record (nonostante tutto, non si può negare questo dato, per quanto ambiguo esso sia), che pone però non pochi problemi. Tanto per cominciare c’è un problema immediatamente tecnico-calcistico. Le due squadre potentine navigano, più o meno, appaiate con leggera prevalenza, proprio nel corso delle ultime settimane dell’A.S.C. Potenza, la neopromossa in D, sebbene ancora in ottobre sembrava che la leggera prevalenza fosse dell’altra,la F.C. Potenza), in una posizione di classifica che può definirsi buona, ma non di vertice. Per uccidere il campionato o, almeno, per contendersi la leadership con le altre due squadre lucane del Melfi e del Matera (che quest’anno sembrano essere le squadre di vertice), forse, non ci vorrebbe molto, forse, basterebbe poco, ma si ha l’impressione che quel poco che attualmente fa la differenza ognuna delle due squadre potentine non abbia la forza di procurarselo. A fine campionato i tifosi potentini dell’una e dell’altro club saranno costretti a riconoscere la saggezza dell’antica massima secondo cui “l’unione fa la forza”? Vedremo. Sempre che questo derby sia destinato a continuare ed a diventare una tradizione, sempre che a Potenza rimarranno queste due squadre. Non è stato, inoltre, ben considerato anche un inedito problema di carattere identitario ed emotivo. La prendiamo un po’ da lontano. Anche se, in fondo, ad uno che è nato a Potenza sono sempre sfuggite le ragioni per cui un ragazzo milanese tiene per l’Inter o per il Milan o detesta l’Inter perché tiene per il Milan o il contrario (e lo stesso dicasi per i laziali ed i romanisti, per i genoani e per i sampdoriani, per i torinisti e per gli juventini), nei derby illustri, a parte la collocazione in serie A o in serie B, ci sono indici più evidenti di differenziazione tra le tifoserie, che rendono più comprensibile ed accettabile la divisione in guelfi e ghibellini del calcio cittadino. A Roma,la Lazio è la squadra più amata nei quartieri nord, i più benestanti e belli, più borghesi della città ed ha una storia anche più antica di quella della Roma, più amata nei quartieri popolari dove ci sono più “romani de Roma”. A Verona, il Chievo la squadra soprattutto di un piccolo borgo alla periferia di Verona (un miracolo autentico che faccia la serie A), più che dell’intera città. A parte il caso veronese (dove, comunque, quest’anno non c’è derby stracittadino), tutte le gloriosissime squadre dei cinque derby cittadini che ci sono in Italia (Milano, Roma, Torino, Genova, Verona) hanno, a parte il caso veronese (primi derby stracittadino veronese nel campionato di B del 1994-1995), colori sociali diversi. Oltre ad avere colori sociali diversi e nomi distinguibili (a Verona i colori sociali sono gli stessi, ma i nomi abbastanza distinguibili; Chievo Verona e Verona Hellas), esse rappresentano spesso anche anime diverse delle loro città (tutte metropoli o quasi, a parte Verona, unico capoluogo di provincia e non di regione), addirittura sembra diverse fasce politiche (a Roma questo dato sembra più marcato). Mentre in una metropoli o in una delle cinque o sei più grandi città italiane si possono sedimentare, riguardo al derby calcistico stracittadino,  anche altri significati in termini di motivazioni o di immaginario collettivo (benché non sia facile nemmeno a Roma spiegare perché si è diventati romanisti o laziali o a Milano interisti o milanisti o a Genova genoani o sampdoriani o a Torino torinisti e juventini, più facile solo a Verona dove il Chievo si identifica con un borgo della periferia veronese), a Potenza la divisione fra le due tifoserie va a tagliare una città non di 3, 2 o 1 milione di abitanti e nemmeno di 600.000 come a Genova o di 250.000 come a Verona, ma una città di 70.000 abitanti. Perché, per quali meccanismi psicologici, si dovrebbe diventare tifosi dell’ASC Potenza e non dell’FC Potenza o il contrario? Come fa ad esserci la massa critica per due distinte tifoserie magari anche rivali non nella prima o seconda o terza o quarta o quinta o anche decina città italiana ma nella 80esima città italiana per popolazione? Non ci sarebbe, insomma, la massa critica per una divisione ‘simbolico-emotiva’ tra le due tifoserie, tanto più che non si tratta di un derby di serie A o B, ma di serie D. Caso unico in Italia in questo campionato 2002-2003. Questo derby ASC Potenza-FC Potenza fa proprio un effetto straniante. Un derby in cui la città rischia, troppo facilmente, considerata la “Verona dei poveri”. Come se non bastasse, il nostro sembra il derby delle ‘ragioni sociali’. La situazione del derby calcistico stracittadino di Potenza è surreale anche sotto questo aspetto: non c’è Inter contro Milan, Genoa contro Sampdoria, Verona Hellas contro Chievo Verona o meglio Hellas contro Chievo, non c’è Torino contro Juventus, Roma contro Lazio (la Lazio ha più tifosi nella regione Lazio che non a Roma al punto che i romanisti per sfottere i cugini cittadini li chiamano ‘burini’), ma Potenza contro Potenza. Una situazione non solo surreale e straniante, ma addirittura quasi schizofrenica. Più che due opposti in un unico contenitore cittadino, sembra i due volti della stessa cosa. Quasi schizofrenia calcistica allo stato puro, in altri termini. Potenza contro Potenza, rossoblù col Leone Rampante contro Rossoblu col Leone Rampante. Incredibile! Ovviamente nello stesso campionato anzi, nello stesso girone. Ed anche nello stesso stadio. Potrebbe essere interpretata questa situazione in vari modi. Per esempio, come la metafora calcistica di una città dove i propri cittadini non si sono mai amati troppo tra di loro, dove si vive in compartimenti stagni, che non vengono mai a contatto tra di loro, sebbene divisi solo da poche centinaia di metri? Chissà dove sta la verità… sarebbe una questione da approfondire… Per finire, anche stessa posizione in classifica. Gli acronimi delle ragioni sociali, ASC e FC, non bastano di sicuro a distinguere i due club e le due squadre, a farne veramente due squadre che accendono la rivalità all’interno della città e la rivalità di un derby stracittadino in un campionato nazionale. Sono due club calcistici che non riescono a produrre una maggiore ricchezza simbolica e di immagine a favore di se stesse e della città. Le ‘mitiche’ squadre che da sempre giocano i classici quattro o cinque derby stracittadini d’Italia si distinguono fra di loro per qualche apprezzabile differenza. Sono portatrici di significati diversi per quanto non scritti da nessuna parte e pur sempre soggettivi. Ma in questo strano derby di questa strana città nel campionato in corso 2002-2003 che significati diversi ci sono, che razza di derby è dal punto di vista dell’identità cittadina? Il gioco non sembra poter durare a lungo e si può sospettare che il vero motivo della rivalità è quello di essere considerati i veri eredi del Potenza Sport Club o dei Potenza che si sono succeduti dopo di quello e che pure hanno scritto belle pagine di storia calcistica. Insomma , la rivalità sembra più giocare sul chi si fa fuori per primo in modo che l’altra possa rimanere e raccogliere l’eredità morale e del vecchio blasone. O a conquistare i vecchi tifosi per il dopo. Infatti, un altro grande problema è proprio quello dei tifosi. Oltre a quelli che vanno al Viviani per sostenere l’una o l’altra squadra, ci sono anche quelli che tifano per tutti e due e che si astengono nel derby, ci sono anche quelli che fanno finta di aver scelto per sempre la squadra delle due per cui tifare stabilmente, ma che, in realtà, sii tengono pronti al cambio di diligenza nel caso una delle due sparisse o una delle due prendesse il volo verso campionati superiori  e certamente più adeguati alla tradizione calcistica cittadina. E, per finire, nessuno lo dimentichi, c’è ancora la gran parte di quei settemila tifosi del 1994 che andavano al Viviani a veder giocare il loro Potenza, ancora non schizofrenicamente scisso in due parti rivali e nemiche, contro Perugia, Salernitana, Reggina, Siena, Avellino e sfiorare i play off per la B non raggiunti sempre e solo per gli eterni problemi di fragilità finanziaria del club. Quel pubblico è, in buona parte, ancora da recuperare e dubitiamo che il recupero possa essere possibile prima che una delle due squadre potentine, oggi rivali nel derby del Leone Rampante, torni in C1 o, almeno, in C2.

 

da “Lucania Finanza” novembre 2002

 

Nella illustrazione; un bozzetto realizzato dal nostro grafico che simboleggia con i vetri infranti la frattura identitaria del calcio potentino nella stagione 2002-2003.

 

 

 

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