La Statua del ‘Cristo Velato’, allocata permanentemente nella Cappella Sansevero di Napoli sin dal 1753 ed opera dello scultore napoletano Giuseppe Sanmartino, è uno dei più grandi capolavori della scultura di tutti i tempi, una delle opere più note e suggestive al mondo. Fin dal 1700, viaggiatori più o meno illustri sono andati a Napoli a contemplare questo miracolo dell’arte, restandone sconcertati e rapiti. Ormai le visite al Museo della Cappella Sansevero, dove è custodito questo capolavoro dell’arte mondiale, sono nell’ordine delle quattrocentosessantamila al’anno. Nelle intenzioni del committente, il principe Raimondo Di Sangro, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. L’arte di Sanmartino si risolve qui in un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità. Non ci sono esempi al mondo di corpi che hanno l’effetto velato; il Cristo Velato di Napoli del Sanmartino è un’opera unica nel suo genere. L’opera del Sanmartino ebbe tra i suoi estimatori Antonio Canova che, avendo tentato – senza successo – di acquistarla, dichiarò che sarebbe stato disposto a dare dieci anni della propria vita pur di essere l’autore di un simile capolavoro. Il poeta siriano Adonis, invece, ha ritenuto il Cristo velato più bello delle sculture di Michelangelo. Vale la pena ricordare anche che la Regione Campania, nel 2008, scelse il volto del Cristo Velato per rilanciare l’immagine di Napoli. Ma perché parlare su ‘Potentia Review’ di un’opera già così universalmente nota e che sta a Napoli e non a Potenza? Ci arrivo fra poco. Un attimo di pazienza. L’eccezionale fortuna, contrassegnata anche dal boom di visite turistiche di cui parlavo poco prima, della statua del Cristo Velato della Cappella Sansevero di Napoli ha innescato, proprio negli ultimissimi anni, un processo imitativo. In altre parole, negli ultimi dieci anni ci sono stati scultori che hanno cercato addirittura di ‘replicare’ il capolavoro napoletano, realizzando quelle che si chiamano delle copie, delle quasi perfette riproduzioni, a distanza di quasi tre secoli dal contesto originario, che era quello della metà del 1700 a Napoli, sospeso culturalmente tra Barocco ed i primi vagiti dell’Illuminismo. Il concetto di copia è molto problematico a certi livelli, ma riprenderò questo aspetto fra poco. Attualmente, in seguito a quel processo imitativo, esistono tre ‘copie’ del Cristo Velato di Napoli. La prima l’ha realizzata lo scultore casertano Pietro Santamaria ed è stata esposta in diverse città e cittadine del Sud Italia. Realizzata nel 2010, alcuni si sono spinti ad affermare che si tratta di una copia perfetta di quella del Sanmartino ed in ogni caso che si tratta di una statua bellissima. La seconda statua-copia è stata scolpita da Felice Tagliaferri nel 2010, uno scultore non vedente di Foggia trapiantatosi da molti anni a Bologna. Questa storia ha dell’incredibile. Recatosi nel 2008 nella Cappella Sansevero a Napoli per visitare il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, ebbe una non piacevole sorpresa. “Questa visita – ha scritto il quotidiano milanese Il Giornale – avrebbe dovuta svolgersi in modo tattile per il Tagliaferri ma gli venne impedito. Da questo divieto nasce l’idea di realizzare una particolare versione della scultura. Nasce così il Cristo rivelato di Felice Tagliaferri; velato per la seconda volta e rivelato ai non vedenti che possono toccare la scultura in marmo lunga 180 centimetri e larga 80. Due anni di lavoro del marmo consegnarono una scultura che dal 2010 ad oggi è stata toccata da più di centomila persone. Mentre i non vedenti visitano con le mani la poesia del Cristo rivelato di Tagliaferri, chi, come molti di noi, hanno la fortuna di poter vedere comprenderanno come il mondo di esperienze ed emozione che è presente in un non vedente è assolutamente identico al nostro”. Il Cristo Velato di Tagliaferri è custodito permanentemente a Sala Bolognese, un paese dell’hinterland di Bologna. E veniamo alla terza copia o alla terza scultura di imitazione. Si tratta di un’opera realizzata in ordine di tempo più recentemente rispetto a quelle di Santamaria e di Tagliaferri, entrambe del 2010. Il terzo Cristo Velato (il quarto, se includiamo quello ormai ‘mitico’ di Napoli) è stato realizzato nel 2014 ad opera di Helmut Perathoner, un quasi cinquantenne scultore altoatesino (della Val Gardena, Ortisei), discendente da una famiglia molto nota di scultori. Helmut Perathoner, nonostante la sua ancora relativamente giovane età, è in carriera da ben ventotto anni e nel corso di tutto questo tempo ha realizzato prevalentemente sculture di ispirazione religiosa. Non c’è solo la storia familiare a garantire per Helmut Perathoner, ma anche la storia della sua valle, la splendida Val Gardena, dove la tradizione della scultura risale addirittura al 1600. Basti pensare solo al fatto che a inizio 1800 infatti nella sola Ortisei/Val Gardena, che a quei tempi contava una popolazione di 2248 persone, nei grandi laboratori lavoravano più di 260 scultori e 85 policromatori. Ancora oggi, in Val Gardena, degli oltre 10.000 abitanti, ben 1.000 persone lavorano il legno con diverse specialità: scultori, falegnami, intagliatori, pittori e policromatori. Per acquisire una formazione artistico-tecnica, sin dal 1872 esiste in Val Gardena una Scuola d’arte, che trasmette alle giovani generazioni di scultori anche il patrimonio della tradizione gardenese, che è un patrimonio apprezzato e riconosciuto in tutto il mondo. Inoltre, dal 1969 esiste un marchio di tutela emesso dalla Camera di Commercio di Bolzano. Tornando ad Helmut Perathoner, il giovane scultore di Ortisei, scultore di soggetti sacri, è anche ben conosciuto in Vaticano. Qualche tempo fa, per esempio, durante l’abituale udienza generale del mercoledì erano presenti, tra migliaia di fedeli accorsi in piazza San Pietro, quattrocentocinquanta soldati appartenenti al 19^ reggimento Cavalleggeri Guide ed al centro documentale dell’Esercito e Capitaneria di Porto. Al termine dell’udienza, il Papa ha ricevuto una rappresentanza militare. Nel salutarlo, il Colonnello Angelo Malizia, comandante delle Guide, gli ha portato in dono una scultura che raffigura San Marone, patrono del Libano, il paese dove il Reggimento ha condotto una missione di pace denominata “Leonte XVII”. L’opera regalata dai militari a Papa Francesco è stata realizzata a mano proprio da Helmut Perathoner. Il giovane scultore di Ortisei lo possiamo vedere anche in una foto scattata insieme al precedente Pontefice, Papa Ratzinger. Un’altra sua opera, un Presepe di grandezza naturale, sta in Germania. Il lettore si starà ancora chiedendo come mai parlo del Cristo Velato del Sanmartino, degli artisti che hanno cercato di ‘copiare’ la celeberrima statua, di Perathoner e della Val Gardena. Ne parlo perché la terza ‘copia’ o il quarto Cristo Velato ce l’abbiamo proprio noi; è collocata permanentemente proprio a Potenza ed esattamente in Santa Maria del Sepolcro. Ci sta dall’autunno del 2014, cioè da quando è stata scolpita. Inutile dire a questo punto che dell’esistenza di questa statua non sa ancora niente nessuno, o quasi. Quei rarissimi che ne sono a conoscenza, ma proprio pochissimi, non ne hanno evidentemente mai parlato, tanto è vero che la circostanza è pressoché ignota ai potentini. Andando sempre più in profondità in questa missione di svelare davvero, completamente, al meglio e per la prima volta la consistenza effettiva (dal punto di vista qualitativo e dal punto di vista qualitativo) del complesso patrimoniale della cultura, della storia, dell’arte e della architettura a Potenza non mi sorprendo neanche più di questa totale non conoscenza del fatto. Basti pensare che altre opere d’arte potentine, da questa rivista finalmente scoperte e valorizzate, come le tele del Pistoia o di Dirck Hendricksz o di Giovanni Ricca o di Albert Jay Friscia, hanno dovuto aspettare (con la sola eccezione dei lavori di Friscia) più di quattro secoli perché Potenza si accorgesse di loro e capisse davvero il loro valore. Per saperne di più su Perathoner e sul suo/nostro Cristo Velato l’ho rintracciato nel suo magnifico eremo gardenese di Ortisei in Alto Adige e gli ho chiesto come e quando nasce come scultore di opere a sfondo sacro e religioso.
“Il fatto che io eserciti con grande entusiasmo e impegno il mio lavoro – mi dice Perathoner – dipende solamente dalle mie origini, dalla mia famiglia di scultori gardenesi di grande tradizione? Questa è la domanda che mi pongo ogni qualvolta rifletto sul mio percorso lavorativo da scultore. Fin dalla tenera età conobbi l’arte scultorea in legno della Val Gardena. Già da bambino mi era permesso maneggiare legno e scalpelli e potevo osservare mio padre, mio zio e mio nonno al lavoro nel loro laboratorio di Ortisei. Come se fossi stato predestinato, ho intrapreso la mia formazione professionale da scultore. Diversi maestri mi hanno istruito e consigliato, finché sono approdato nella mia attività lavorativa indipendente. Ho così avuto la possibilità di rendere tangibili le mie idee e di mettere alla prova le mie capacità. Ho trovato grande versatilità nel mio mestiere e ciò mi ha invitato a sperimentare cose nuove. Mantenere la mia identità artistica insieme ad una costante crescita e sviluppo personale, sono stati e sono tuttora fattori fondamentali per me. Per questo motivo, cerco di mantenere il mio lavoro vario. Spesso collaboro intensamente con i miei clienti cercando di elaborare insieme l’abbozzo migliore. Si tenta, si osserva, si cambia innumerevoli volte finché entrambi – clienti e io – siamo soddisfatti. Questi tentativi e cambiamenti, la considerazione delle idee altrui, mantenendo però i propri concetti, significano per me sviluppo e costante apprendimento. La staticità infatti equivale ad una retrocessione. Terminata l’opera, si presenta uno dei momenti più importanti nel mio lavoro: come reagirà il cliente di fronte all’opera? I suoi occhi si illumineranno? Perché sarà proprio questa luce che mi motiverà a impegnarmi nel mio mestiere per 10 o più ore al giorno”. A questo punto chiedo a Perathoner in quale occasione è stato ricevuto in Vaticano da Papa Ratzinger.
“Per me l´incontro con Papa Benedetto XVI è stata una grossa emozione e un grande onore. La mia opera, Il Battesimo di Gesù, un altorilievo rappresentante una croce con dentro, a destra, Gesù con San Giovanni Battista e con i Quattro Evangelisti ed a sinistra, in alto della Croce, con San Paolo ed in basso San Giuda Taddeo e Giovanni Paolo II, era stata benedetta dal Papa in Vaticano”.
Vengo dunque al suo Cristo Velato, alla statua del Cristo Velato di Potenza. Gli dico che in base a ciò che ho potuto vedere della sua produzione, mi sembra che il Cristo Velato di Potenza sia, al momento attuale, la sfida più grande nella quale si è mai cimentato come scultore. Non dico che sia l’opera più bella da lui finora realizzata, ma posso dire sicuramente che si tratta della sua opera più impegnativa artisticamente, anche per il confronto con il notissimo e celeberrimo capolavoro napoletano della Cappella del Sansevero. Mi sembra che sia d’accordo con la mia analisi.
“Sì, effettivamente il Cristo Velato è l’opera più impegnativa della mia produzione almeno finora. Per realizzarla mi sono recato per prima cosa alla Cappella dei Sansevero di Napoli, dove si trova permanentemente il famoso Cristo Velato del Sanmartino, opera risalente al 1753 e che è considerata una delle sculture più famose ed importanti del mondo e della storia della scultura. Sì, certo, il mio Cristo Velato è stata un’opera incredibilmente impegnativa, la più impegnativa dal punto di vista artistico nella quale mi sono cimentato finora. Seguire lo stesso cliché del Sanmartino per quanto riguarda il Velo del sudario è stato difficilissimo. La mia statua è prevalentemente lignea. Il particolare tipo di legno di cui è prevalentemente è fatta è il cirmolo o Pino Cembro, un legno molto maneggevole, molto morbido che si trova nelle Alpi e che è molto diffuso nella mia Val Gardena. Il legno è ricoperto da strati di gesso. Sopra il gesso ho applicato un colore che dà al gesso le sembianze del marmo”.
Non voglio sbilanciarmi e preferisco che siano critici professionisti, critici d’arte veri e propri (il sottoscritto non si considera tale neanche lontanamente), ad esprimersi sull’effettivo valore e sulla bellezza di questo quarto Cristo. Certo, per me è molto bello. Quel che mi sento di dire è che, da quello che vedo e da quello che sono riuscito a capire delle intenzioni di Helmut Perathoner, il nostro Cristo Velato non possa dirsi una semplice copia, per quanto le altre due copie del capolavoro del Sanmartino di cui si è parlato siano quasi perfette e bellissime. Il Cristo Velato di Potenza non può dirsi banalmente e semplicemente una copia del tesoro della Cappella Sansevero di Napoli, anche se quest’ultima è stato certamente il riferimento dell’opera di Perathoner. A me pare che solo impropriamente si possa definire una copia della celeberrima scultura napoletana. Dipende anche dalle intenzioni. In generale, per quanto si cerchi di riprodurre un’opera e di crearne una seconda sulla scia della prima, c’è sempre l’estro dell’artista, che è unico e non paragonabile a quello di nessun altro, e, quindi, si può dire che il Cristo Velato di Potenza è una personale interpretazione della statua del Sanmartino da parte dell’artista altoatesino più che una copia scolastica della stessa. Questa caratteristica mi sembra particolarmente calzante nel lavoro di Helmut Perathoner. In ogni caso, con la statua del ‘Cristo Velato’ di Helmut Perathoner, Potenza guadagna un’altra bella opera d’arte che viene ad arricchire ulteriormente il patrimonio culturale ed artistico di una città, che, nel giro di pochissimo tempo, si sta lentamente, e con grande sorpresa da parte di molti, riscoprendo come una città d’arte, sicuramente come una città d’arte a livello regionale e, come tale, quindi, assolutamente meritevole di essere integrata nella speciale lista delle città d’arte stilata nell’Allegato n. 5 della legge Regione Basilicata n. 19/1999. Ma questo è un argomento che verrà affrontato un’altra volta.
PINO A. QUARTANA