In un articolo precedente abbiamo iniziato a parlare della famiglia dei Busciolano, artisti della pietra, con un breve excursus su Michele. Il più noto dei Busciolano, Antonio, merita, per la sua statura artistica, una più attenta considerazione. Inizieremo, dunque, con questo articolo, ad avvicinarci ad uno scultore di indubbio spessore.
Antonio Busciolano, primogenito di una modestissima famiglia di contadini potentini, nacque il 15 gennaio del 1823. Il fratello Michele, di due anni più giovane, nascerà il 28 febbraio del 1825. La prima infanzia di Antonio Busciolano fu segnata dalla povertà, condizione che peggiorò con la morte del padre; tuttavia, sin dalla più tenera età egli mostrò il suo talento. Emblematico a tal proposito è un episodio dei suoi esordi: durante la realizzazione di un piccolo busto del vescovo di Potenza, Ignazio Marolda, quest’ultimo riprese il giovane artista per averlo rappresentato con una guancia più sporgente dell’altra e per tutta risposta Antonio: «Vatta à veré a lu specchio e vire si non si accuscì!», per cui il prelato dovette – suo malgrado – , accettare ed ammirare allo stesso tempo lo spirito di osservazione ed il talento del giovane.
Da quel giorno Antonio ottenne la protezione di Giovanni Vincenzo Pomarici, Presidente della Gran Corte Criminale, che gli procurò un sussidio pari a quindici ducati ed un alloggio nel Real Albergo dei Poveri a Napoli, dove Antonio conobbe Mauro Amati, cultore delle arti e depositario di un modesto Museo, conterraneo di Busciolano e suo ammiratore e mecenate. Intanto anche il fratello Michele lo raggiungeva a Napoli ed insieme frequentarono il Real Istituto di Belle Arti. Dal maggio del 1843 e fino all’aprile del 1848, Antonio Busciolano svolse la sua attività di alunnato presso il Reale Istituto, sotto la guida di Tito Angelini, allora maestro di scultura, del quale divenne il «discepolo prediletto». Durante la carriera scolastica ottenne diversi riconoscimenti: nell’agosto del 1843, infatti, gli venne riconosciuto il primo premio nello studio di Scultura di seconda classe, in concorso con Ernesto Calì; nel giugno del 1844 partecipò al concorso con una incisione su pietre dure, sul tema La Testa di Iside. Nel 1848 presentò domanda di ammissione per il Pensionato di Roma della durata di sei anni, ottenendo anche il Pensionato di Basilicata pari a quindici ducati per tre anni.
Nel frattempo Antonio aveva conosciuto Luisa, figlia di un bettoliere; l’amore per la ragazza, per un primo periodo, lo fece esitare dal prendere la decisione di partire per Roma, ma infine egli decise di recarsi nella città papalina ed ebbe occasione di accostarsi alla scultura del Thorvaldsen, ritenuto il più importante maestro del tempo. L’esperienza romana, non ebbe però una lunga durata, dal momento che già nel 1850 Antonio era nuovamente a Napoli, dove sposò Luisa, dalla quale ebbe quattro figli e dalla quale si separò in seguito per “incompatibilità di carattere”. Aprì, nel frattempo, uno studio al Vico Campanile ai Miracoli, a Napoli.
Fu presente diverse volte nelle mostre borboniche di Napoli: nel 1843, ancora alunno del Real Albergo dei Poveri, scolpiva un bassorilievo in gesso con Briseide che si parte da Achille, mentre a partire dal 1845, quando era già iscritto al Real Istituto di Belle Arti, presentò un bassorilievo in marmo, La morte del giusto; nel 1851 S. Pietro ch’esce dalla prigione guidato dall’angelo; nel 1855 due opere, ossia Busto virile arcicolossale in marmo e La visita della SS. Vergine a S. Elisabetta, un gruppo in gesso.
La sua attività artistica si legò, da questo punto, prevalentemente alla committenza ecclesiastica, anche se non vanno trascurate quella pubblica e privata: tra il 1853 e il 1857 realizzò, infatti, il gruppo dell’Immacolata, San Pietro e San Paolo per l’altare maggiore della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, San Giovanni Evangelista e l’Addolorata, sempre per il Gesù Nuovo, mentre al 1859 risale un’altra statua dell’Immacolata Concezione per la Cappella annessa al Palazzo Nuziante.
Il 1863 fu un anno molto importante per Antonio Busciolano giacché, a Napoli, realizzò il Pier Delle Vigne per il cortile del Salvatore e collaborò alla esecuzione del Monumento di Piazza dei Martiri, mentre per la città di Potenza realizzò il busto in marmo dedicato a Mario Pagano. Paolo De Grazia, all’inizio del Novecento, attribuì ad Antonio Busciolano anche la realizzazione del Monumento funebre a Carlo Beneventani, che la Soprintendenza di Napoli attribuisce a Luigi Rispoli, essendone riportata la firma. Infine, negli ultimi anni della sua attività aprì un laboratorio al Reclusorio.
Morì a Napoli il 10 agosto del 1871, senza aver portato a termine alcune commissioni: il Cristo per la Chiesa di San Severo e due busti in marmo dedicati uno a Giuseppe Garibaldi e l’altro a Vittorio Emanuele, che pare – a detta del De Grazia – siano stati venduti in America dal suo collaboratore Luigi Pasquarella.
ANTONIO D’ANDRIA
Nella foto; la bellissima Piazza dei Martiri a Napoli con la sua colonna e con il monumento dei quattro Leoni. Lo scultore potentino Antonio Busciolano fu uno dei quattro artisti chiamati a realizzare una dei quattro Leoni. Egli scolpì il ‘Leone morente”, opera dedicata ai martiri giacobini della Repubblica Napoletana del 1799.