La Iaccara rappresenta un’antica tradizione che i potentini del 1800. Durante le celebrazioni della festa patronale, i potentini solevano elevarla a rito in onore di San Gerardo.
Dal 2010 un gruppo di rievocatori del capoluogo lucano ha riscoperto e riproposto alla cittadinanza questa tradizione, ormai dimenticata, leggendo il Riviello, il quale, nel suo “Costumanze, vita e pregiudizi del popolo potentino” del 1893, descrive e racconta come si svolgeva e veniva vissuta la festa in onore di San Gerardo due secoli fa. La Iaccara è un grosso fascio di cannucce legate attorno ad un palo di castagno, che raggiunge i dodici metri e sfiora i mille kg. Viene portata in spalla in processione da quarantaquattro Iaccari, “la sera della vigilia” (il 29 maggio) durante la famosa Sfilata dei Turchi. La meta del corteo è il centro storico e, più precisamente, l’antica Piazza del Sedile, luogo in cui la Iaccara viene, e veniva issata, scalata e incendiata in onore di San Gerardo Protettore.
Questo rito ancestrale è accomunabile, come più volte ricordato dall’antropologo prof. Ferdinando Mirizzi (direttore del Dipartimento di Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali – DiCEM – Università della Basilicata), con i riti popolari legati al fuoco, attraverso i quali le antiche genti chiedevano di allontanare i malanni dell’inverno passato e abbondanza nei raccolti estivi. Comunanza vi è anche con i numerosi riti arborei della Basilicata. A conferma di ciò, è il termine fanoi, che sta a significare “alberi che bruciano”, utilizzato in altre regioni meridionali, e nella stessa Basilicata, per etichettare gli arbusti adoperati nei tradizionali riti apotropaici.
La Iaccara di Potenza, quindi, può essere intesa come un grande cero votivo che i popolani più devoti fabbricavano, trasportavano e bruciavano per chiedere al Santo aiuto e protezione. I portatori della Iaccara indossano un abito storico da popolano del 1800 (contadino, bracciante, artigiano, pastore) a legittimare l’origine popolare del rito. Una forte devozione accompagna i portatori per tutto il tragitto, i quali si danno forza con inni e canti al Santo per non avvertire peso e fatica. Le operazioni di trasporto e innalzamento vengono dirette da un Capo Iaccara, individuato come il più esperto del gruppo. Sulla Iaccara, ornata con ginestre e un’effige benedetta del Santo, viene trasportato a cavalcioni una figura buffa che deride il pubblico e incita i portatori. Da qualche anno, questo bislacco personaggio, corrisponde a “Sarachella” la maschera carnevalesca potentina, a voler individuare nella Iaccara il simbolo e il centro della riscoperta e della valorizzazione della Tradizione della comunità potentina, e anche lucana.
In linea con ciò, la scorsa edizione della Storica Parata dei Turchi è stata aperta da una squadra dei famosissimi Campanacci di San Mauro Forte (Mt), i quali con il loro frastuono ancestrale hanno emozionato il numeroso pubblico per le vie di Potenza e hanno scortato la Iaccara fino al centro storico. I Campanacci, fortemente voluti dall’ Associazione Culturale “I Portatori della Iaccara”, sono un’importante espressione della tradizione lucana e la loro presenza, confermata anche per quest’anno, attribuisce alla città di Potenza il giusto ruolo di città ospitale verso tutta la regione, in quanto città capoluogo, in nome della riscoperta e valorizzazione della tradizione e dell’identità lucana.Solo ripartendo dalle nostre antichissime tradizioni sarà possibile riaffermare e consolidare una concreta e incorruttibile identità lucana, oltre ogni frivola bega campanilistica, che sconfesserebbe qualsiasi mal calibrato tentativo burocratico di smembramento della nostra meravigliosa Lucania.
Potenza e Matera unite nella tradizione lucana per una vera comune identità, mai alienabile.
GIANMARIA PETRONE