Contrariamente alla immagine stereotipata di città esclusivamente burocratica che l’ha contraddistinta in questi ultimi decenni, Potenza è stata nel 1900 la fucina del più nutrito gruppo di pittori che la regione Basilicata abbia prodotto. Si tratta di pittori nati qui e vissuti qui oppure spostatisi altrove, ma che hanno sempre mantenuto con la città un rapporto fortissimo. Non hanno mai spezzato il cordone ombelicale che li teneva legati alla loro città. Il meno conosciuto (solo a Potenza, però), ma anche il più illustre è ed è stato Italo Squitieri. Nato a Potenza il 10 febbraio del 1907, i primi tentativi in campo pittorico li fece nella sua città: “Cominciai a dipingere a sette anni, a Potenza. Ritrassi, sulla parete del salotto, un’amica di famiglia. La mamma subito mi diede una sberla, poi mi comprò i colori”. Italo Squitieri si trasferì ben presto, in età ancora adolescenziale, a Pavia e poi a Milano. A Pavia studiò ingegneria, ma ben presto capì che non era quella la sua vocazione ed allora si trasferì a Milano per frequentare i corsi dell’Accademia di Brera. Risalgono al periodo di Brera le prime mostre che dettero a Squitieri una prima notorietà nell’ambito artistico italiano. Fra il 1929 ed il 1931 infatti si piazzò al primo posto fra i giovanissimi alla Mostra Permanente di Milano ed espose alla Mostra sindacale di Napoli. A Milano per sbarcare il lunario, creò illustrazioni per libri e cartelloni pubblicitari, pannelli decorativi e nello stesso tempo continuò a dipingere guardando alla modernità. In questa città condusse una vita piena di fermenti, ma con lo spirito legato alla propria terra, la Lucania. In quel periodo tornò spesso a Potenza dove veniva anche per incontrare il chirurgo Federico Gavioli, suo grande amico e mecenate, il primo a credere nella sua creatività e il primo ad aiutarlo ad esporre in mostre collettive e personali. Infatti, la sua prima mostra personale la volle fare proprio a Potenza nel palazzo della Casa del Fascio, che si trova (oggi ovviamente quel palazzo non si chiama più così) in Piazza Sedile (Piazza Matteotti). Il primo Squitieri fu un pittore impressionista, affascinato anche dal futurismo. Nel 1931, chiamato dal fratello, passò un periodo in Medio Oriente, a Beirut e in Libano, in modo particolare. In quelle terre remote il giovane Squitieri trascorse ben cinque anni della sua vita. Tornato in Italia, nel 1936, si stabilì a Roma ed aprì un suo studio in Via Margutta venendo in contatto con Mario Mafai e con l’editore di origine lucana, Renato Angelillo (il fondatore del quotidiano ‘Il Tempo’). Nel 1940 fu chiamato alle armi ed alla fine della guerra scappò via da Roma per stabilirsi a Cortina d’Ampezzo tra le Alpi bellunesi. Cortina diventò il suo quartier generale. Nato tra i monti a Potenza, trovò la sua dimensione ideale per ispirarsi tra le Alpi. Italo Squitieri è stato anche l’allievo del pittore Mario Sironi. A Cortina il paesaggio severo delle Alpi si trasferì sulle sue tele. La pittura di Squitieri divenne anch’essa forte e severa. Dipinse i grandi blocchi dolomitici ed i “tabià” (grandi fienili delle valli alpine) con potenti volumi, generati dalle vaste superfici, disposte con sapienti elementi architettonici, atti a conferire alle composizioni forza dinamica. Dalla sua nuova base in mezzo alle Alpi l’artista potentino cominciò ad espandersi ed a farsi apprezzare in Italia ed anche all’estero. Arrivarono così le prime personali fuori d’Italia; Zurigo, Vienna, Monaco e Parigi. Non solo in Italia ed Europa. Memore dei sui cinque anni vissuti in Medio Oriente, Squitieri espose e tenne personali anche a Beirut, Damasco, Tripoli di Siria, Aleppo, Il Cairo, Alessandria d’Egitto, Rodi e Gerusalemme. Nella sua lunga e laboriosa vita il pittore potentino strinse molte amicizie illustri: Cocteau, Picasso, Max Ernst, Severini, Braque, Guttuso, Mirò, Chagall, Camus. Conobbe anche Hemingway che frequenterà per molti inverni a Cortina d’Ampezzo e a cui farà numerosi ritratti.
Fu amico anche della pittrice Colette Rosselli (parente dei più noti Carlo e Nello Rosselli, i fondatori del movimento antifascista di ‘Giustizia e Libertà’) e di suo marito Indro Montanelli, che scriveva su di lui un simpatico profilo. “Italo Squitieri rimase molto sorpreso e un po’ incredulo quando gli dissi che il giorno in cui mi si desse di reincarnarmi con diritto di scelta non chiederei a Dio di farmi Leonardo o Einstein, ma Squitieri. Eppure è così, è l’uomo che più invidio al mondo. Si guarda intorno contento e nei suoi occhi azzurri, di bambino, vedo riflesso il meglio di ciò che ci circonda, e solo il meglio”. Italo Squitieri è stato un pittore di cicli. Il ciclo migliore, quello che gli ha conferito maggiore rinomanza e prestigio, è senz’altro il ciclo che si aprì nel periodo artistico che va dal 1972 al 1979 (quindi, in pienissima maturità) e che l’artista dedica alla riflessione sul Potere. Il ciclo si chiama IL POTERE. E’ la sua opera maggiore; 26 tele dipinte come altrettanti capitoli di un unico libro il cui oggetto di riflessione è il Potere e la decadenza morale della società ed anche dell’Italia contemporanea. La Mostra su’ “Il Potere” si aprì nello Studio 23 a Cortina nel 1979, per poi essere accolta nel 1980 alla Mostra Antologica tenutasi nella prestigiosa Villa dei Dogi Contarini, sul Brenta. Seguì una mostra a Palazzo Barberini nel 1982 e ancora a Roma nella Galleria Cangrande, nel 1984. Del ciclo su ‘Il Potere’ fu fatto anche un libro a cura di Italo Sesti uscito nel 1978 (155 euro). Della sua opera ha scritto Roberto Pappacena su ‘La Voce di Cortina’: “Esplorando nella mia biblioteca ho riscoperto un volume bellissimo che propongo all’attenzione del lettore per la sua sconvolgente attualità: «Il Potere», di Italo Carlo Sesti, dedicato al pittore lucano Italo Squitieri, vissuto, come tutti sanno, per molti anni a Cortina. Personalmente ho seguito con gioia l’attività pittorica dell’amico Italo Squitieri, e debbo dire che questo volume, edito nel 1978, mi appare tuttora di una attualità sconvolgente. Poeta della pietra, Squitieri ha fermato in immagini lapidarie di un espressionismo addirittura aggressivo, le forze direttrici della storia, che sembrano schiacciare l’uomo senza via di scampo. Nella pittura “Il Sesso”, una congerie umana come di forsennati dannati, dà la scalata a una statua totemica di gesso, tutta ventre e poppe, che serba una parvenza di classicità, un ideale svuotato e screpolato di bellezza antica. Nelle altre figurazioni l’umanità appare dissolta, annichilita sotto il peso dei crani mostruosi, delle sfingi indifferenti, dei robot di pietra, delle forme megalitiche che sono i veri padroni della nostra vita. È questa, senza dubbio, la pittura nera di Squitieri, la verità più feroce che gli sia scaturita dalla fantasia, il consuntivo severo di una vita dedicata alla libertà e alla dignità umana, strenuamente difese dalle menzogne istituzionalizzate, dai feticci di qualunque tempo e paese. Prospettandoci, insomma, visivamente i mostri che tiranneggiano il nostro spirito, egli intende indicarci la via della salvezza in una società dove la presunta felicità delle masse non sia – come afferma il Venè – la cortina fumogena dietro cui viene nascosta l’infelicità dei singoli». È una grande opera di cui tutto il mondo parla, scrive Isabella Filardi, che poi aggiunge: “È un tema universale che pone le sue radici nel mondo contemporaneo. I dipinti che rappresentano “il Potere” si snodano in sequenze di pacata ironia, evidenziando i miti più significativi del nostro tempo, tra cui: “I Sindacati”, “La Mafia”, “Il Sesso”, “La Moda”, “La Televisione, “Il Cinema” ,“L’industria”, “L’ Automobile” ecc…: presenze vive che condizionano enormemente il tessuto sociale. Per rappresentare la durezza del potere non poteva scegliere di meglio. Le immagini pietrificate, denunciano una precisa realtà, sono presenze inquietanti che si ergono al di sopra di noi; come il dipinto sul potere della moda, rappresentato da tre enormi manichini che dall’alto dominano una città in miniatura oppure il mito dell’automobile che posa in bella mostra su un piedistallo, un vero e proprio monumento a questo feticcio dei nostri tempi. E ancora gigantesche maschere granitiche, simbolo dei sindacati”. Squitieri tornò con il suo lavoro più importante nella sua città. Quella dedicata al ciclo del ‘Potere’, esposta nello storico edificio della Biblioteca Provinciale di Potenza nel 1989, fu il momento del suo ritorno nella sua città, ma anche la sua ultima personale. Morì, da lì a pochissimi anni dopo, a Cortina il 28 dicembre 1994. Opere di Squitieri sono conservate nei Musei civici di Padova, nel Museo d’arte moderna “Mario Rimoldi” di Cortina d’Ampezzo e nella collezione d’arte della Banca Carime.
(P.a.Q.)