LINEE PER UNA ECONOMIA POTENTINA DELLA CULTURA

Il predominio sulla città di Potenza di una mistica della cultura basilisca, con una sua estensione dal campo culturale a quello politico e sociale, determina un clima di assuefazione, di apatia, di culto del ‘particulare’, di insensibilità civica e sociale. La mentalità basilisca si fonda su una fuga dal mondo, dalle responsabilità, dagli ideali e dai valori di progresso, ed è intrisa di pregiudizi , luoghi comuni. Essa riflette una mentalità ristretta ed una chiusura mentale, strettamente legata al raggio d’azione del proprio interesse particolare e familiare, espressione del “familismo amorale” di Banfield. Questo carattere dell’uomo basilisco costituisce, con la sua mentalità, un ostacolo all’associarsi, alla tutela dell’interesse collettivo e del bene comune, e finisce col perseguire soltanto la massimizzazione dei presunti vantaggi a breve termine per sé e per il proprio nucleo familiare in campo politico, economico e sociale. La diffusa cultura basilisca costituisce la causa dell’arretratezza e del declino della nostra città, che ha assegnato il potere ad un blocco sociale espressione di una omologazione strisciante, di un pensiero unico che manifesta mancanza di pensiero. In altre parole; una gestione delle risorse pubbliche limitate, uno sguardo corto, un’assenza di confronto e di dibattito culturale. Si manifesta così una profonda frattura tra élite e popolo, con una forte crisi di rappresentanza e partecipazione, favorendo in questo modo una società fortemente verticale, che aumenta la distanza tra il vertice e la base, determinando un aumento delle diseguaglianze, un blocco della mobilità sociale ed una evasione delle nuove generazioni,  costrette ad emigrare pur avendo un elevato livello culturale, diversamente dall’emigrazione del secolo scorso. Si priva in questo modo la comunità locale del capitale umano utile per cambiare le prospettive di sviluppo economico e sociale. Il pensiero critico viene stigmatizzato e leso, impedendo qualunque stimolo ed attività per il cambiamento. La mancanza di prospettive induce alla sfiducia, all’abbandono di qualunque pensiero ed azione che possano modificare gli assetti economici, sociali e politici espressione degli interessi di un gruppo sociale immobile, che sulla gestione del potere determina i criteri di appartenenza al gruppo o della sua esclusione, non su criteri di merito, di competenza, di professionalità, ma soltanto su criteri di relazione. La cultura basilisca si manifesta sul piano politico con una “classe dirigente ” miope e mediocre che non ha memoria, non ha futuro, e che mantiene lo status quo. Una società immobile priva di dinamismo e di crescita con uno sguardo di breve periodo, una visuale sufficiente ad assicurare la conservazione della postazione acquisita per sé e per gli appartenenti al proprio gruppo. Nella città sta emergendo negli ultimi mesi un fermento culturale, civico ed associativo, che si ripresenta dopo gli anni ’70/’80 del “secolo breve”, quando Potenza era caratterizzata da una effervescenza politica, sociale, culturale, musicale, sportiva, economica, con un pluralismo informativo e dei media radio-televisivi. A questa effervescenza si accompagnava una leadership del capoluogo che, con l’avvio delle regioni, sviluppava la programmazione economico-infrastrutturale avviando processi di sviluppo su tutto il territorio lucano. Nella città convivono due gruppi sociali: i basilischi e i potentini, con il predominio del primo gruppo, favorito da una “crisi economica secolare” determinata da un processo di globalizzazione, che ha spostato la produzione in altri Paesi esteri ( e riducendola in loco), da una deregulation finanziaria che ha creato la banca universale, unificando la banca d’affari con quella di investimento, determinando un forte processo di concentrazione a scapito delle banche locali con sede a Potenza (sparizione della Banca Popolare di Pescopagano e della Banca di Lucania) assorbite da gruppi creditizi nazionali, meno attenti allo sviluppo dell’economia reale del territorio. La rinascita di Potenza si può avviare su due assi strategici: l’economia della cultura, sul piano dell’identità, e il turismo, sul piano economico. L’identità di Potenza è il frutto di una sedimentazione storica che attraversa le varie epoche: dalle popolazioni lucane, all’impero romano, al medioevo, al periodo moderno e contemporaneo, raggiungendo un ruolo di primo piano nella diffusione di idee illuministiche della tutela delle libertà dei cittadini. Sono le idee di antesignani di un costituzionalismo moderno come quello di Mario Pagano, esponente della Repubblica Partenopea ed estensore della Costituzione del 1799, sono le idee di una città che ha avuto  legami stretti con i movimenti culturali europei del 1700, del 1800 e del 1900, sono le idee di una città che ha avuto classi dirigenti patriottiche e liberali ed una borghesia di un certo livello. Questa tradizione di borghesia illuminata caratterizza la storia di Potenza, che deve rinascere a vita nuova , recuperando il suo ruolo prestigioso del passato in modo tale da poter ricostruire il suo futuro. L’identità, il prestigio, l’orgoglio di essere figli della nostra città è il primo tassello per la demolizione della mistica basilisca che si fonda su un molto discutibile luogo comune di “bruttezza” del capoluogo, luogo comune basato su pregiudizi, stereotipi e schemi inculcati nella coscienza dei potentini. Il recupero della nostra identità si muove su più livelli: da quello storico, a quello enogastronomico, a quello turistico e culturale, togliendo l’acqua in cui si sono alimentati i basilischi per mantenere una società nel totale immobilismo economico, sociale, politico e culturale. La costruzione o rielaborazione di questa “identità potentina” serve ad evidenziare il genius loci della nostra comunità cittadina, serve a costruire le narrazioni corrispondenti alla realtà ed a mettere al loro posto i vari tasselli del mosaico del capoluogo. Le fondamenta culturali di Potenza diventano le basi su cui costruire  due nuovi assi portanti della città che possono creare crescita economica ed occupazione: l’economia della cultura e del turismo. L’economia della cultura si basa sugli artisti e sugli attori della creatività, i quali costruiscono una identità del territorio e generano reddito ed occupazione. I comparti della economia della cultura comprendono: a) il patrimonio storico ed artistico che soddisfa il turismo culturale (il segmento del turismo culturale corrisponde a circa il 25 % del turismo complessivo) e che comprende i musei, i monumenti, gli archivi, le biblioteche, l’arte contemporanea, l’architettura, la musica e lo spettacolo; b) i servizi ed i beni di alto valore simbolico che rappresentano i contenuti dell’industria culturale (editoria, TV, radio, cinema, pubblicità);  c) i beni ed i servizi di cultura materiale, rappresentati dalla moda, dal design, dall’artigianato e dall’industria del gusto (vi rientra anche il turismo enogastronomico, caratterizzato a Potenza dalla presenza di una eccellenza nazionale; la cucina potentina). Tutti e tre i comparti della cultura hanno funzioni differenziate al fine di creare una identità del luogo, di educare e divertire, di comunicare, di soddisfare i bisogni materiali. Tutti i soggetti individuali e collettivi presenti in Potenza (o che lavorano da fuori città per Potenza) costituiscono la classe creativa di cui parla un noto economista americano che si chiama Richard Florida. Questi soggetti possono assumere la funzione di volano della crescita del reddito e della occupazione della comunità potentina. Il tassello successivo è quello di associare tutti questi attori della creatività intorno ad un progetto futuro di risveglio o di rinascita di Potenza, avendo di mira due obiettivi; la valorizzazione  della città e  l’affermazione di una nuova classe dirigente che sostituisca i basilischi (o i portatori d’acqua potentini dei basilischi) e che porti fiducia nel futuro aggregando le volontà individuali e collettive dal basso.

 

MARCO TROTTA

(Nella foto – Concerto di musica classica in Piazza Sedile – Potenza)

 

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