Questo articolo, a dire il vero, non rientrerebbe o non rientra negli obiettivi della nostra rivista. Nonostante ciò, abbiamo deciso di pubblicarlo per un motivo ben preciso e particolare. Dimostrare che da una emergenza, da una bruttezza estetica, come è stato per più di trent’anni il quartiere dei terremotati di Bucaletto alla estrema periferia di Potenza, può venire sia la speranza del cambiamento sociale ed amministrativo, sia la trasformazione del degrado urbanistico ed abitativo in qualcosa di molto migliore e di molto diverso. Intanto, a Bucaletto le cose hanno già cominciato a cambiare e nel novembre dello scorso anno sono stati consegnati finalmente i primi alloggi in moderne palazzine. Non sapremmo dire se queste palazzine si possano definire belle (non bisogna dimenticare che sono pur sempre produzioni degli enti per l’edilizia residenziale, gli ex Istituti Autonomi per le Case popolari). Trentacinque anni fa il quartiere di Bucaletto era la risposta emergenziale ad una tragedia, la tragedia del terremoto e degli sfollati, ma oggi da Bucaletto può e deve venire fuori non solo la speranza di una vita migliore anche per le periferie del degrado e del disagio abitativo, ma anche la speranza che i quartieri del degrado possano anch’essi cominciare a produrre cose esteticamente belle o, comunque, abbastanza accettabili. La proposta contenuta in questo articolo va esattamente in questa direzione ed è per questo che dopo le iniziali perplessità redazionali abbiamo deciso di pubblicarlo. (Potentia Review)
La cittadella di Bucaletto, edificata rapidamente dopo il terremoto del 1980, per dare una risposta all’emergenza abitativa di quel triste periodo, è diventata la quintessenza del fallimento politico di Potenza. La marginalità politica a livello regionale della nostra classe dirigente è spiegata tutta in quel desolato rione, a metà strada tra una baraccopoli e una periferia post-industriale. Una visita a Bucaletto, al netto dell’abitudine, può essere un’occasione per comprendere il più grande problema della città (quindi della regione): il vuoto pneumatico delle idee e dei progetti. Bucaletto è l’esatto opposto di ciò che dovrebbe essere la gestione amministrativa di un centro urbano: nessuna programmazione, nessun progetto di ampio respiro, nessuna soluzione. I problemi ci sono, nessuno li nega, ma pare sempre che siano troppo difficili da affrontare. Oggi mancano i soldi, ieri qualcos’altro, e Bucaletto è lì, da 35 anni; doveva essere una cittadella per il riparo degli sfollati, è diventata un cancro urbanistico e un disastro sociale davanti al quale ognuno si sente in diritto di balbettare giustificazioni. Bucaletto è tutto, tranne che un luogo normale: ricettacolo di corruzione politico-elettorale, inferno dell’Eternit, recinto della marginalità, dormitorio e ghetto. E questo, innanzitutto, perché nessuno capisce niente di Bucaletto. Proviamo a mettere insieme un po’ di fatti, dunque: il rione consta di circa 800 prefabbricati ed è abitato da circa 3000 nostri concittadini. I prefabbricati assegnati a causa del sisma del 1980 – oramai – si contano sulle dita di due mani, la maggior parte sono stati assegnati, nel corso dei decenni, come (strano ma vero) case popolari. Alcune decine di prefabbricati risultano assegnati dai servizi sociali. Più o meno altrettanti sono stati occupati abusivamente. Da anni si dice che bisogna svuotare Bucaletto, ma nessuno ci riesce. Le ragioni sono molteplici e tutte molto chiare. Gli assegnatari (così come gli abusivi) pagano una mensilità al Comune che stranamente però, a differenza di tutte le altre case popolari d’Europa, non è parametrata al reddito: un disoccupato paga quando un impiegato. Questo accade perché, un tempo, gli affitti di Bucaletto erano molto bassi e nessuno si lamentava di questa specie di “tariffa flat”; oggi non è più così e gli abitanti di Bucaletto a reddito basso pagano, paradossalmente, gli affitti più alti della città. Inoltre, poiché il reddito non conta nulla, a Bucaletto hanno la casa, anche, persone con un reddito altissimo. E pagano, anche loro, quanto un disoccupato. Gli occupanti abusivi, poi, non possono partecipare ai bandi per le case popolari. Si tratta di una sorta di sanzione pubblica per il reato commesso, che però non lascia loro alcuno scampo tra vivere a Bucaletto e vivere sotto i ponti; d’altro canto, nessuno ha il coraggio di metterli in mezzo a una strada in quanto abusivi; soprattutto i politici non ne hanno il coraggio perché spesso sono stati proprio loro ad “agevolare” le occupazioni dei prefabbricati per finalità di scambio politico-elettorale. Se occupi una volta, quindi, resti abusivo per sempre.
Ma gli abusivi non sono gli unici cittadini a basso reddito condannati a stare nel rione; anche per i nuclei familiari piccoli (2-3 persone, tipologia sempre più numerosa nel rione) non ci sono alternative a Bucaletto: per quanto possano partecipare ai bandi per le case popolari, non avranno mai un alloggio, anche se si piazzano in posizione utile in graduatoria. La ragione è semplice: l’ATER da anni, per bieche ragioni di risparmio, costruisce appartamenti solo per nuclei familiari grandi. Morale della favola: i pensionati, le giovani coppie e le ragazze madri (spesso, proprio quelli che occupano un prefabbricato!) possono pure perdere ogni speranza di essere aiutati. Per loro, anche se ne hanno diritto, non ci sono mai alloggi popolari, da molti anni. Quindi, se hanno già una casa a Bucaletto, ci resteranno per sempre; se non ne hanno ancora una, gli conviene occuparla, perdendo per sempre il diritto a partecipare ai bandi delle case popolari e il cerchio si chiude. Come si fa a “svuotare” Bucaletto se non si affrontano questi problemi? A Bucaletto c’è anche una grave emergenza igienico-sanitaria: negli anni, per far fronte ai periodici allagamenti per pioggia di alcune parti del rione, il Comune, invece di ampliare la rete di scolo delle acque piovane, ha innestato condotte aggiuntive per l’acqua piovana nelle condotte più vicine, cioè quelle fognarie. Non si dovrebbe mai fare, le fogne e le acque piovane dovrebbero sempre viaggiare separate. Altrimenti succede quello che succede a Bucaletto: i ratti (e numerose altre bestie), che vivono nelle acque nere e non possono uscire all’aria aperta perché trovano i tombini fognari chiusi fanno quotidianamente capolino dalle caditoie dell’acqua piovana, che sono – naturalmente – aperte. Il degrado e la vegetazione incolta, l’abbandono e il caldo durante l’estate, fanno il resto. E questa non è nemmeno l’unica, né la più grave, emergenza sanitaria. I prefabbricati sono stati parzialmente bonificati dall’Eternit alcuni anni fa, ma le pareti sono ancora fatte, in molti casi, di quel micidiale cancerogeno. E si sgretolano, quelle pareti, perché erano fatte per durare dieci anni. I dati ANT dimostrano una forte incidenza di tumori all’apparato respiratorio, nel rione. Tra miseria materiale e abbandono delle istituzioni, naturalmente, spadroneggia il degrado morale dell’illegalità. La prostituzione e lo spaccio convivono quotidianamente con i giochi dei bambini.
Come se non bastasse, è attivo un mercato nero delle occupazioni: molti occupano un prefabbricato senza averne non solo diritto, ma nemmeno bisogno, perché hanno un reddito alto o perché hanno già una casa. Basta pagare e ci sono specialisti (diciamo così) in grado di fornire un prefabbricato “chiavi in mano”. C’è chi occupa per dare un tetto ai figli (e viene considerato un delinquente) e chi tiene il prefabbricato per conservare il vino (e viene quasi quasi considerato un furbo). Nessuno, né la polizia né il Comune, si accorge di niente. E il sopruso, ulteriore elemento di abbrutimento del contesto sociale, può continuare a recitare la sua bella parte nella triste commedia. In questo abbandono, quello che non vuole fare la comunità (dal Comune alle varie associazioni potentine, fino alle istituzioni regionali e nazionali), lo fanno alcuni eroici volontari.
C’è un presidio Caritas a Bucaletto, che tira fuori miracolosamente tutto quello che manca, dalla distribuzione alimentare al doposcuola, fino all’assistenza legale, al centro di accoglienza e accompagnamento per le famiglie “a Casa di Leo” e alla biblioteca, ai cittadini più abbandonati della città. C’è poi l’Associazione “La Nuova Cittadella”, impegnata a edificare una coscienza (finalmente) civile, e la consapevolezza dei propri diritti, agli abitanti dei rione. I politici si vedono poco a Bucaletto, quando non è campagna elettorale. Senza temere di essere smentiti, è doveroso segnalare la silenziosa opera di Antonio Vigilante, consigliere comunale di opposizione che fa volontariato nel rione, e soprattutto autore dell’unico progetto urbanistico di recupero totale (ambientale, urbanistico ed energetico) dello stesso: “Bucaletto Smart”. Ecco: questo progetto è ciò che si definisce una soluzione integrata, di ampio respiro e ragionata su tutte le sconosciute e dimenticate questioni che fanno sembrare quel luogo un disastro irreparabile. Il giovane consigliere affronta il problema separandolo in tre grandi questioni: la volontà politica; la portata dei finanziamenti pubblici (finora esigui); l’interesse in termini di opportunità per gli investitori. L’approccio è moderno e innovativo: non serve un progetto assistenziale, non serve una grande speculazione urbanistica, ma serve un approccio completo e integrato a tutti gli aspetti urbanistici, finanziari, amministrativi, politici del problema. La battaglia viene affrontata con tre armi principali, tre distinti istituti giuridici: il riscatto di superficie, l’espandibilità degli edifici popolari futuri; la concessione edilizia sociale. Si parte da un fatto: la maggior parte dei residenti di Bucaletto può permettersi un piccolo investimento, pari a 20-30.000€, se ve ne fosse la convenienza.
Il Comune, con gli strumenti giuridici già esistenti nel Regolamento Urbanistico (segnatamente, all’art. 9) deve innanzitutto consentire a ciascuno di poter diventare proprietario del suolo che a vario titolo occupa (…almeno da un certo numero di anni, per evitare la corsa all’occupazione selvaggia dell’ultimo minuto), mediante il “riscatto” della relativa superficie. Questo deve essere fatto a condizione però che il neo-proprietario edifichi subito un primo modulo abitativo, secondo un progetto standard. Si tratterebbe di una grande occasione, per i residenti: con questa prima edificazione, infatti, oltre a un alloggio degno di questo nome, si acquisirebbe il diritto di espandere in futuro quel modulo (possibilità consentita dall’art. 15.3 del Regolamento Urbanistico – Interventi di Trasformazione nei casi di demolizione e ricostruzione). L’interesse ad aderire a questa opzione può essere molteplice: lo si può fare per costruire in futuro una casa ai propri figli, per vendere a terzi il tutto, per aumentare la volumetria del proprio immobile. L’idea di fondo è dare la possibilità alle fasce sociali più povere, ma comunque in possesso di un reddito minimo, di conquistare con il proprio lavoro (per esempio pagando un mutuo, o chiedendo un prestito in famiglia, o persino costituendo una piccola ditta di costruzioni tra più aspiranti proprietari) un immobile dignitoso, che rispetti la bassa densità abitativa di Bucaletto (fattore che può diventare un punto di forza del quartiere), e che consenta di ottenere un titolo edificatorio molto vantaggioso per il futuro, di modo da rendere il quartiere espansivo e attrattivo, non solo per altri acquirenti ma anche per gli imprenditori dell’edilizia. Troppo difficile? Sogno ad occhi aperti? Non direi, visto che questa idea è già un successo mondiale, il cui autore, l’architetto Alejandro Aravena (direttore del Settore Architettura della Biennale di Venezia e vincitore dell’edizione 2016 del PritzkerPrize, il Nobel dell’architettura) ha, in questo modo, progressivamente risolto, urbanisticamente e socialmente, i problemi delle famiglie di Quinta Monroy, in Cile, e che sta divulgando con grande successo in tutto il mondo l’idea della “Vivienda Social Dinamica sin Deuda” (Edilizia sociale dinamica senza debiti). Se ha funzionato in Cile, io dico, non può funzionare a Potenza? Sarebbe la prima volta, forse dai tempi della Riforma Fondiaria, che un problema sociale così grave viene risolto stabilmente, e senza ricorrere alle spuntate armi dell’assistenzialismo e del debito pubblico.
Ma Vigilante ha anche un’altra idea, collegata a questa, per coloro che non possono, comunque e nemmeno in tal modo, “conquistare” una casa (si pensi ai pensionati con pensione minima, che non possono accedere ai mutui, e a Bucaletto ce ne sono molti). Tramite lo strumento di finanziamento Strumento “ELENA-European Local Energy Assistance”, è possibile finanziare progetti per l’efficentamento energetico, e indirettamente finanziare la ricostruzione di case in base ai moderni standard.
Bene: qual è uno dei più sentiti problemi di Bucaletto, se non la contiguità alla Ferriera? Si tratta di una fabbrica siderurgica, che dà lavoro a circa 1000 padri di famiglia e che immette nel circuito cittadino, tra stipendi e commesse di vario tipo, circa 40 milioni di Euro all’anno. Una follia chiuderla, nonostante le paure per la salubrità dell’aria; si può pensare di delocalizzare più lontano dal centro abitato, ma questa prospettiva, anche a causa di una politica incapace e chiacchierona, non è più possibile, se non in un lontano futuro. Sul breve periodo, meglio seguire le istruzioni della Procura della Repubblica di Potenza, che ha raccomandato moderni filtri alle emissioni. Quale migliore occasione, se non quella di utilizzare l’enorme calore dissipato dalla fusione dell’acciaio, per approfittare dei finanziamenti europei? L’utilizzo del calore della Ferriera per il teleriscaldamento dei nuovi alloggi di Bucaletto può consentire al Comune un grande abbattimento delle emissioni di CO2, con il conseguente accesso a consistenti finanziamenti UE. Questo, unito all’ulteriore risparmio energetico, derivante dalla stessa riqualificazione di Bucaletto con i moderni edifici espandibili, può davvero inaugurare a Potenza un nuovo periodo storico, un lungo e proficuo periodo di studio e di implementazione di progetti e idee finalmente vincenti, con ricadute politiche, sociali ed economiche davvero importanti. Il lavoro di un’intera generazione di potentini di buona volontà, e soprattutto, che siano in possesso finalmente di una visione politica di ampio respiro, può davvero rendere Potenza un faro di innovazione e progresso sociale, per tutti i Lucani e,chissà, per la stessa Europa. Non è questo, in effetti, un centro di idee e di soluzioni, ciò che definiamo un capoluogo?
PIO BELMONTE
(Nella foto; il primo complesso di nuove palazzine realizzate dall’ATER al quartiere Bucaletto e consegnate nel novembre del 2015).