Ogni città, ed è logico dedurlo, possiede una sua storia, un suo trascorso, che si tramanda di generazione in generazione, e che raramente perde di fascino, o, semplicemente, di interesse. Certo, sia chiaro, molto spesso capita che venga utilizzata, o, meglio, strumentalizzata, per farne un uso, come si diceva un tempo, utilizzando un termine televisivo, “nazionalpopolare”. Faccio questa premessa, scusandomi già da ora per averla fatta, perché trovo a volte “irriverente”, nei confronti di un qualsiasi luogo, l’uso che si fa della sua storia.
Per me che sono di Potenza, nato a vicolo Quintana Grande, forse una delle sue strade più antiche, parlare di questa città “dimenticata”, rappresenta sempre motivo di orgoglio. Da qualche tempo, sto conducendo alcuni studi, che dovrebbero portare ad una ricostruzione virtuale di “Potenza nel Medioevo”, con la sua antica cinta muraria e le sue porte. Questo ‘pezzo’, vuol essere solo una introduzione a tale argomento. Il motivo è semplice. Provocare le coscienze, spingere, se fosse possibile, il lettore ad avere più curiosità nei confronti di Potenza e della sua storia medievale, in particolar modo, nei sui aspetti architettonici ed ambientali. Sulla cinta muraria di Potenza, molto è stato scritto, spesso con grande attenzione, e, devo dire, con grandissima professionalità.
Considerata la vastità dell’argomento, è utile, per ora, soffermarci solo su alcuni aspetti. Tralasciando argomentazioni che portano alle origini della città, che, per una parte degli studiosi, sono poste a valle del fiume Basento (personalmente dissento apertamente su questa ipotesi), l’attenzione va orientata sulla parte “collinare” della città.
La cinta muraria oggi è quasi del tutto scomparsa, sia per la condotta scellerata delle amministrazioni della città, già ad inizio ottocento, sia per i numerosi terremoti, che, fin dal 1700, hanno sconvolto il patrimonio artistico, ma non solo artistico di Potenza. Delle mura, oggi, ne rimangono solo alcune tracce, anche se occultate da stratificazioni costruttive successive o, in un caso particolare, dalla vegetazione. Partiamo per ordine e grado di importanza e di rinvenimenti storico-storiografici.
Il fronte occidentale della città presentava la cosiddetta “Porta Salza” (porta che si alza) ed era veramente munita di ponte levatoio. Al di là delle testimonianze storiche e degli scritti di Tommaso Pedio o di Raffaele Riviello, sulla sua presenza fino al 1818, va detto che la zona si prestava nel Medioevo a questo tipo di “ingresso” in città; per due motivi. Il primo, di ordine difensivo e strategico. La zona cosiddetta “Lago” era acquitrinosa in alcuni punti e questo fa pensare alla presenza di un fossato, ma, in realtà, quest’ultimo era stato realizzato esclusivamente per difendere meglio uno dei pochi ingressi carrabili in città. Giulio Cesare Battista, a suo tempo, scrisse che la porta era ad arco, di ottima fattura e di antichissima costruzione. Testimonianza avvalorata da una lapide che riportava la data di costruzione della porta stessa, rimossa dal signor Michele Luciani e risistemata sulla facciata di una casa ricostruita dopo il terremoto del 16 dicembre 1857. Pochi documenti certi attestano la presenza di un impianto difensivo, dotato di feritoie, superiore alla porta. Tesi poi avvalorata, successivamente, anche dalla documentazione di inizio 1800, relativa all’abbattimento della porta stessa e dell’ambiente soprastante per motivi di ordine statico, ma anche pratico. La testimonianza, è di R. Riviello, il quale riporta in una nota la decisione presa dal Decurionato il 2 ottobre 1817 al fine di poter incominciare i lavori di pavimentazione su via Pretoria. La porta, in realtà, era di medie dimensioni ed ostacolava il transito dei carri nell’unico ingresso praticabile in città. Una scelta scellerata, certo, ma a quei tempi, la ragione politica mal si sposava con la storia e le sue tradizioni. Che il nodo occidentale sia fondamentale per le mura di Potenza, e per la sua difesa, è testimoniato anche dalla presenza della vicina Chiesa di San Michele. Un esame attento andrebbe fatto, secondo me, nella zona di vicolo Quintana Grande. Da ragazzo, ricordo che si scendeva in alcuni sottani, lì presenti, superando due piani interrati per una profondità complessiva di sei metri, con parti arroccate ad antiche murazioni. Per non parlare di un cunicolo chiuso, realizzato nel 1943 come rifugio antiaereo, che attraversa quella zona da Via della Pineta fino a Via Mazzini. L’importanza strategico-difensiva di Porta Salza è fondamentale per capire come era costruita tutta la cinta muraria, che non aveva particolari “camminamenti di ronda”, almeno non su tutto il suo perimetro, ma che, invece, era dotata di torri. Ne è esempio, quella del castello dei Guevara, una torre dimezzata nei secoli in altezza, da terremoti, smottamenti e dalla costruzione del primo ospedale San Carlo e dei campanili ad una altezza tale da permettere un’ottima difesa in caso di attacchi.
DOMENICO VIGGIANO
Mi piacerebbe sapere della mia citta dalle origini, sono un assiduo studioso di storia e civilta antiche.
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