Un detto di oscura origine recita: “Potenza, città dell’apparenza”, esprimendo in rima baciata un certo carattere piccolo–borghese, proteso al rispetto delle forme superficiali, per salvare (e prescindendo da qualsiasi sostanziale condizione) la facciata agli occhi della comunità cittadina.
Di sicuro contiene elementi di verità pseudo-sociologica. Qui, però, vorremmo azzardare un’altra e forse più pregnante caratterizzazione del potentino, mettendo in piedi l’espressione: “Potenza, città dell’assenza”. Proprio così; il capoluogo lucano, soprattutto nella storia dei suoi ultimi vent’anni (a voler essere magnanimi!), ha dimostrato una totale apatia da parte dei suoi cittadini, nonché, a tratti, uno spietato odio verso la propria città, concretizzato in un menefreghismo completo e totale verso tutto quello che potesse riguardarla: dalle cose più importanti, come l’amministrazione in senso stretto, a quelle più banali, come, ad esempio, piccoli inestetismi urbanistici, che sono un vero pugno nell’occhio, oltre al fatto che costituiscono delle disfunzionalità per la vita urbana.
Sarà che Potenza sia un tempio della teologia di un certo laissez faire a tutto tondo, tale da andare al di là della stessa immaginazione del grande alfiere della morfogenesi sociale spontanea come il professor Friedrich von Hayek? Chi lo sa? Ormai è un po’ tardi per saperlo.
Di sicuro,però, una certezza sui potentini l’abbiamo: la non conoscenza pressoché totale della propria storia e, cosa più grave, la volontà negativa di colmare il deficit!
Però, questo forse ci porta a cogliere il nucleo di tutta la problematica dell’assenza, dell’apatia ed in generale della narcosi civica della città. Io sono interessato alla storia di una realtà e, di conseguenza, cerco di conoscerla, se questa realtà una storia ce l’ha. Sarà che, forse, Potenza è un’oasi di presente eterno, una dimensione metastorica, un aldilà dello spazio-tempo senza problemi d’ involuzione – evoluzione? Anche qui, non si capisce bene. Mistero fitto.
Ad ascoltare le frasi classiche, componenti le lamentele dei potentini, sicuramente si può supporre di trovarsi a sentir parlare abitanti di un mondo intriso di verità misteriche (altro che storia e ragione!); spesso, sentendo parlare i potentini, i miei, i nostri concittadini, in modo critico della propria città, ritroviamo frasi come : “non c’ è mai niente in questa città!”, “che mortorio, non si organizza mai nulla in questa città”. Dal banale, poi, si sale man mano alla riflessione più impegnata, come, ad esempio: “non si fa cultura in questa città” oppure “è un deserto d’idee, bisogna andare fuori per vedere la vita”, “è proprio brutta questa città, forse la peggiore d’ Italia o d’Europa”; e, per finire, ci sono gli spiriti più civicamente impegnati, per così dire, che se la prendono in modo più che generico con l’amministrazione usando la tipica frase : “non sanno fare niente” o frasi come “pensano solo a sistemare i parenti e gli amici”, ecc, ecc. ecc. Ora, chi volesse affrontare certe questioni cittadine, in un solco anche solo vagamente cartesiano, potrebbe rintracciare le cause di certe problematiche in una pigrizia strutturale con conseguente menefreghismo dei potentini, molto interessati soltanto all’orticello di casa. Soprattutto, in ambito politico locale, al nuovo potentino medio si potrebbe contestare il totale disimpegno sia nel controllare l’operato delle giunte comunali, che nel proporsi in prima persona nell’arena politica cittadina e si potrebbe contestargli anche l’inspiegabile (apparentemente) riconferma elettorale di soggetti il cui operato è stato giudicato negativamente. Ripeto, queste cause potrebbero essere rintracciate a patto di voler almeno vagamente esser cartesiani! A Potenza, invece, come ho già detto, aleggia il mistero; le cause appartengono ad una verità metafisica imperscrutabile ed ineluttabile, di cui i potentini sono soltanto povere vittime ignare! Cosa fare allora? Rassegnarsi e subire, altro che concetti quali libertà positiva, partecipazione. A Potenza la partecipazione è una sconosciuta. Non la si conosce nemmeno nella bella forma canora del messaggio di Gaber! Siamo a Potenza , la città dell’assenza.
GIUSEPPE ONORATI